Terremoto Catania, il legame con l'Etna spiegato dagli esperti

Scienze
Immagine di archivio (Ansa)

Il sisma di magnitudo 4.8, pur essendo “un fenomeno isolato”, sarebbe la risposta allo spostamento della faglia di Fiandaca causato dalla spinta del magma

La scossa di magnitudo 4.8 avvertita nella notte tra il 25 e il 26 dicembre nella zona nord di Catania ha allertato sismologi e vulcanologi, che stanno ora monitorando attentamente la situazione. I terremoti che hanno scosso il Catanese sono infatti avvenuti sulla scia dell’attività esplosiva del vulcano Etna iniziata alla Vigilia di Natale. L’attenzione degli esperti è rivolta in particolare modo alla faglia di Fiandaca, luogo del sisma più intenso tra quelli avvenuti nelle ultime ore. Si tratterebbe tuttavia di un fenomeno isolato, anche se ulteriori movimenti di questa struttura, che non si spostava da tempo, potrebbero risultare pericolosi.

Catania, oltre 1000 scosse dal 24 dicembre

“Dal 24 dicembre mattina si sono succedute circa 1000 scosse, molte piccole e rilevabili solo dagli strumenti, quattro uguali o superiori a magnitudo 4”. A fare luce sulla recente situazione è Eugenio Privitera, direttore dell’Osservatorio di Catania dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), che spiega come la scossa di 4.8 di magnitudo sia in realtà “periferica rispetto alle altre manifestazioni”. Secondo Privitera, il terremoto avvenuto tra il 25 e il 26 dicembre rappresenterebbe “la risposta fragile del versante orientale del vulcano alla variazione di stress indotta dall'apertura della frattura eruttiva di 3 metri nella faglia di Fiandaca”. La faglia in questione era infatti immobile ormai da diversi anni, ma si è spostata in queste ore a causa della spinta del magma che ha causato l’apertura di una frattura di 3 metri.

Vulcani non danno garanzie

Dopo ora particolarmente intense, sia dal punto di vista dell’attività vulcanica che di quella sismica, secondo Privitera “sembra che siamo in fase di declino eruttivo e di raffreddamento delle colate”, eppure non si può totalmente escludere che si possano aprire nuove bocche, seppur a quote minori. A dispetto delle oltre 160 stazioni di monitoraggio già presenti sull’Etna, l’esperto sottolinea che non è possibile ottenere garanzie sul comportamento dei vulcani: “Siamo noi che dobbiamo convivere con il vulcano, che è passato dal vulcanismo sottomarino all'attuale posizione dei crateri centrali che si sono spostati”.

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