Cyanothece, il batterio che permette alle piante di autofertilizzarsi

Scienze
piante-alberi

Secondo due ricercatori della Washington University il batterio agisce di notte e fissa l’azoto già presente nell’aria 

E se fossero le stesse piante a produrre i propri fertilizzanti?
Devono esserselo chiesto i ricercatori della Washington University quando, nei mesi scorsi, hanno inaugurato uno studio che promette di riservare importanti novità in agricoltura e, attraverso una visione più ampia, nel miglioramento delle condizioni di salute del pianeta Terra.

Addio fertilizzanti chimici?

Himadri Pakrasi e Maitrayee Bhattacharyya-Pakrasi, i due ricercatori di origine indiana che hanno firmato lo studio, si sono focalizzati su un batterio capace di utilizzare la fotosintesi per creare ossigeno durante il giorno, mentre, di notte, pare utilizzi l’azoto presente nell’atmosfera per creare clorofilla per la stessa fotosintesi. La ricerca, pubblicata sulla rivista mBio, aprirebbe all’ipotesi di eliminare alcuni, se non tutti, i fertilizzanti prodotti dall’uomo, dei quali è ben noto l’impatto sull’ambiente: la fertilizzazione mediante prodotti chimici, oggigiorno, è basata su un’alta intensità energetica attraverso la produzione di gas a effetto serra. Non dimentichiamo che, dopo il processo chimico a cui sono sottoposte, le piante rilasciano la stessa sostanza sul terreno attraverso le piogge, dirigendola nei corsi d’acqua che terminano il loro viaggio nei fiumi, nei laghi se non addirittura in mare, alimentando così le alghe che, fungendo da involontaria protezione alla luce solare, uccidono la vita animale e vegetale sottostante.

Il Cyanothece si comporta come l’uomo

Il protagonista della scoperta si chiama Cyanothece, un batterio che riconosce l’azoto contenuto nell’aria (nell’atmosfera è presente in una percentuale vicina al 78%) ed è capace di “fissarlo”: fino a oggi questa rivelazione non è stata possibile in quanto è l’ossigeno stesso prodotto dalle piante a interferire con questo processo. “La famiglia dei cananobatteri – hanno rivelato i ricercatori – è l’unica ad avere in comune con l’uomo un ritmo circadiano, ossia ad agire sull’arco delle 24 ore riconoscendo il giorno e la notte. Abbiamo osservato 35 diversi geni riconoscendo il loro differente comportamento: si attivavano di notte, restavano silenti durante il giorno”.
Il prossimo passo, manco a dirlo, sarà ricostruire in laboratorio proprio la fissazione dell’azoto.

Scienze: I più letti