Perché congelare gli ovuli? Alice e le altre, tra dati e motivazioni

Congelare i propri ovuli per congelare il tempo. Una possibilità moderna per le donne che non hanno un partner o vogliono rinviare la maternità per ragioni personali, sociali o economiche, riducendo la pressione sociale dovuta alle scadenza biologiche e potendo esercitare maggiore controllo sui propri processi riproduttivi, pianificando - quando la scienza lo permette - il loro futuro. Dato il declino della riserva ovarica e della qualità degli ovociti legato all'età, la tendenza globale a crioconservare gli ovuli sta crescendo anche grazie alla vitrificazione, un congelamento rapido che porta la cellula a -196 gradi molto velocemente e garantisce tassi di gravidanze e bambini nati vivi paragonabili a quelli ottenuti con ovociti “freschi” . L'età media di chi congela gli ovuli: 37,7 anni All’ospedale Niguarda, dove abbiamo intervistato il professor Maurizio Bini sul mondo del social freezing, l’ostetrica Agerta Sakaj ci ha raccontato che sul tema c’è ancora pochissima conoscenza, non solo tra le donne ma anche tra i medici: “I ginecologi sono quelli che meno la consigliano. Lo fanno solo quelli che lavorano con la PMA perché hanno una visione un po’ più lungimirante della riserva ovarica e di questo mondo. Sarebbe importante però informare le donne questa possibilità di scelta, che non significa consigliarlo a tutte”. Una nuova frontiera, quindi, che incontra ancora qualche resistenza di tipo culturale. Parlando di dati, gli studi scientifici più recenti ci dicono che ad oggi il 12% delle donne nel mondo ha congelato i propri ovociti - con il tasso raddoppiato dopo il 2020 - e attualmente l’età media è 37,7 anni. Costi e disuguaglianze: il social freezing è un privilegio Una nuova frontiera che promuove l'autodeterminazione delle donne, anche se a un costo alto: il social freezing è rimborsato dal Servizio Sanitario Nazionale per le pazienti con patologie oncologiche o con endometriosi avanzata, ma per chi lo sceglie per motivi personali o sociali è di fatto un privilegio. Molte donne che hanno superato i 30 anni, come quelle single che desiderano diventare madri, non hanno però alternative. Se in Italia i prezzi delle cliniche private variano dai 3 mila ai 7 mila euro, la pratica ha un costo elevato anche in molti altri Paesi. Quello più alto - evidenzia lo studio "Social Egg Freezin - A Trend or Modern Reality?" del 2024 - riguarda gli Stati Uniti, mentre quello più basso si registra in Messico, dove molte donne si recano infatti per "turismo medico". In Canada la procedura costa da 5 mila ai 10 mila dollari e da 300 a 500 dollari all'anno per la conservazione degli ovociti . Una pratica quindi costosa che inevitabilmente diventa una possibilità concreta solo per alcune donne, rafforzando le disuguaglianze sociali. Un benefit aziendale: quando nel welfare? Parlando di contesto sociale, dice lo studio "Exploring the Landscape of Social Egg Freezing" del 2023, la pratica del social freezing può promuovere involontariamente l'idea che le donne debbano scegliere tra la crescita lavorativa e una vita familiare, offrendo loro un modo per dare priorità ai propri obiettivi di carriera, e questo sottolinea quanto sia cruciale superare i pregiudizi di genere che ancora pesano e promuovere una più distribuzione equa dei doveri di cura nelle coppie. Il congelamento offre alle donne la possibilità di prolungare la propria finestra riproduttiva, mettendo alla prova la difficile relazione tra istruzione, lavoro e maternità quando si ha la disponibilità economica per affrontare quel percorso. E se in Italia nessuna azienda ha ancora inserito nel proprio welfare aziendale un percorso di social freezing, negli Stati Uniti colossi come Apple e Facebook già dal 2014 lo assicurano alle proprie dipendenti per attrarre più donne nel loro organico e aiutarle a soddisfare le loro esigenze personali, oltre che professionali. Una curiosità: le donne che congelano più ovociti al mondo sono quelle che lavorano nel mondo della finanza. Le motivazioni delle donne fanno questa scelta Da un sondaggio - citato nello studio "The dawn of a new ice age: social egg freezing" del 2023 - condotto su oltre 1000 donne nel Regno Unito e in Danimarca, è emerso che l'89% di loro considera la pianificazione riproduttiva un'indicazione accettabile per il social freezing. Riscontri positivi che si riflettono in un aumento di quasi tre volte del numero di ovuli congelati nel Regno Unito, da 2476 nel 2008 a 7047 nel 2013. Ed è significativo nell'ottica di una "nuova era glaciale" constatare che il numero di donne che congelano ovuli per futuro uso personale continua ad aumentare del 25-30% ogni anno, e anche il numero di cliniche che se ne occupano non smette di crescere. E se da una parte queste cifre sono influenzate anche da ragioni mediche oltre a fattori sociali, la maggior parte delle donne con più di 38 anni ha citato l'assenza di un partner come ragione della crioconservazione. Le motivazioni per cui le donne ricorrono alla crioconservazione degli ovociti sono diverse: assenza di un partner, prosecuzione di studi post universitari, istruzione terziaria, presenza di una relazione instabile, necessità di stabilire un ambiente familiare stabile, percezione di non essere pronte alla genitorialità, attesa di una maggiore stabilità finanziaria, volontà di sviluppare migliori competenze genitoriali. La storia di Alice: "Un percorso che consiglierei alle mie coetanee" Alice ha 35 anni e pochi mesi fa, dopo la chiusura della relazione con il suo compagno, “il secondo che non voleva avere figli”, ha deciso di inviare una mail all’ospedale Niguarda per iniziare un percorso di social freezing. “Ho saputo di questa possibilità da una amica che ha congelato gli ovociti in Spagna in una clinica privata: come me, non aveva un partner e si stava dedicando molto al lavoro. Mi ha spronato a pensarci, e quando ho saputo che il Niguarda è il primo centro pubblico in Italia con prezzi calmierati mi sono rivolta a loro”. La incontriamo nella stanza del reparto a fine giugno subito dopo l’operazione insieme a sua madre, lì per supportarla. I tempi, racconta, sono stati brevi: la prima visita era avvenuta a fine aprile. Il primo step consiste in diversi esami a cui sottoporsi, compreso quello che deve sondare lo stato di salute della riserva ovarica della paziente, per capire se può valere la pena intraprendere il percorso di social freezing. “Sono andati tutti bene, così la dottoressa abbiamo fatto una chiacchierata e mi ha spiegato la procedura”. Prima di iniziare il percorso è necessario sottoporsi a un test per verificare lo stato della propria riserva ovarica, che rappresenta il numero e la qualità degli ovociti accessibili. L'ormone follicolo-stimolante , l'ormone antimulleriano e la conta dei follicoli antrali sono tre ormoni che possono essere misurati per determinare la salute delle ovaie. Tutte le analisi del sangue a cui Alice si è sottoposta al Niguarda sono state coperte dal Servizio Sanitario Nazionale, mentre i farmaci sono molto costosi: “In totale si aggirano intorno a 1500 euro”. Quelli che servono per le iniezioni di ormoni che la paziente deve fare a casa prima di sottoporsi al prelievo degli ovociti. “I farmaci non vengono coperti dal SSN perché non sono in una coppia, come stabilisce la legge 74”. In totale, il costo complessivo per un percorso di social freezing tocca quasi i 5 mila euro: “Per le analisi ho speso 150 euro, 1500 di farmaci, mentre l’operazione in sé costa 2800 euro. Il costo del mantenimento degli ovociti è pari a 100 euro all’anno dopo il primo anno dal prelievo”. Insomma, una possibilità che oggi è ancora un privilegio: non tutte le trentenni possono permettersi questa cifra. Nonostante i costi, Alice è entusiasta della sua scelta, che considera un’azione lungimirante: “Ho deciso di intraprendere questo percorso come investimento sul mio futuro e sono felice di questa possibilità che mi sono data, quella di poter conoscere una nuova persona ma senza la fretta, l’ansia, del tempo che scorre”. Da pochi minuti ha terminato l’intervento in anestesia totale, “che è durato una decina di minuti”, e già assicura che lo rifarebbe, ma qualche anno prima. “È stato un bel percorso che mi ha aperto una nuova visione sulla PMA, c’è un mondo dietro che tanti non conoscono e che apre alla vita. Lo consiglierei alle ragazze della mia età, e anche l’anestesista che era in sala operatoria mi ha detto lo stesso. Ma bisogna parlarne di più”.

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