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Rooming-in: cos’è, come funziona e cosa dicono gli esperti

Salute e Benessere
©Ansa

La tragedia avvenuta a Roma ha acceso il dibattito pratica del rooming-in, la possibilità che dopo il parto il neonato stia nella stessa stanza della mamma, di solito con una culla posizionata accanto al letto della madre. I pediatri sono favorevoli perché favorisce subito il contatto pelle a pelle e l’allattamento

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Tra il 7 e l'8 gennaio, all'ospedale Pertini di Roma, un neonato di tre giorni è morto presumibilmente schiacciato dalla madre addormentatasi dopo averlo allattato nella sua stanza. Per avere i risultati dell'autopsia del piccolo serviranno 60 giorni. I magistrati devono chiarire se si siano violati i protocolli e se vi siano state nelle negligenze, come denunciato da alcuni familiari della piccola vittima. Al momento il fascicolo d'indagine per omicidio colposo aperto dai Pm romani rimane contro ignoti. Questa vicenda ha fatto parlare molto della pratica del rooming-in, ossia la possibilità che dopo il parto il neonato stia nella stessa stanza della mamma, di solito con una culla posizionata accanto al letto della madre. 

Cos’è il rooming-in

Già in un dichiarazione congiunta OMS/UNICEF del 1989 sull’allattamento al seno, veniva consigliato di “praticare il rooming-in, permettere cioè alla madre e al bambino di restare insieme 24 ore su 24 durante la permanenza in ospedale”. Secondo queste linee guida, un neonato sano e a termine dovrebbe essere tenuto a contatto pelle a pelle con la propria madre sia in caso di parto naturale che di cesareo subito dopo la nascita o comunque non appena possibile. Questo consente alla neomamma di occuparsi da subito del neonato, di creare un legame madre-bambino forte ed efficace e di favorire l’allattamento. Alcuni ospedali consentono il rooming in anche al papà che può così stare in camera con mamma e neonato senza vincoli di orario. Senza il rooming in, invece, la madre può vedere il neonato soltanto negli orari di allattamento, con intervalli di circa di tre ore.

Come funziona

Già negli anni Novanta, il modello del rooming-in è stato promosso con l’iniziativa “Baby Friendly Hospital’’, sostenuta dall’UNICEF. Questa pratica inizia già nei primi istanti di vita del bimbo e viene favorito subito il contatto pelle a pelle e l’allattamento. Secondo li studi avrebbe effetti benefici sul neonato: lo calma, favorisce il corretto attaccamento al seno, stabilizza il metabolismo e la temperatura corporea del neonato, regola la respirazione e il battito cardiaco del piccolo o della piccola; rafforza il legame madre-neonato. In Italia il rooming-in non è una pratica obbligatoria e le modalità dipendono dalla struttura ospedaliera o dalla clinica. Sono tuttavia sempre di più le strutture sanitarie che impiegano questa pratica, grazie anche alle strategie di promozione dell’allattamento  del Ministero della Salute. Ogni madre può decidere in autonomia se adottare questa strategia o farsi aiutare (e in che misura) dal personale sanitario.

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La posizione dei pediatri

I pediatri puntualizzano che non esiste una posizione ideale per allattare, ma invitano ad "essere vigili sul fatto che il piccolo respiri bene e abbia un buon colorito" e favorire il rooming-in. "Tenere il neonato nella stessa stanza della mamma - dicono - permette di rafforzare il legame e incentivare l'allattamento al seno. È più sicuro che il bimbo dorma nella culletta, evitando materassi o cuscini molto morbidi. Va raccomandato che dorma a pancia sopra. Non aver timore di chiedere che il neonato venga portato nella nursery se si ha bisogno di riposare. "Non è qualcosa di cui vergognarsi”, sottolinea la presidente Sip Annamaria Staiano. “La stanchezza dopo il parto può colpire tutte le donne, in misura diversa”.

Il caso di Roma

Tornando al caso avvenuto a Roma, dalla Asl ricordano che il Pertini "è punto di riferimento per la città e in particolare la ginecologia e l'ostetricia garantiscono un'assistenza di qualità alle donne nel percorso della gravidanza". Dalla direzione viene sottolineato che la pratica del rooming-in è "ormai consolidata nel contesto nazionale ed internazionale per sostenere il contatto tra neonato e mamma, sin dalle prime ore dopo la nascita". Pratica che viene attuata anche nell'ospedale Pertini, dove "tutte le puerpere vengono informate dei rischi connessi alla gestione del bambino, venendo peraltro edotte, anche con la sottoscrizione di un modulo, sulle azioni da effettuare per evitare il verificarsi di eventi avversi".

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