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Aids, Sharon Lewin a Sky TG24: "Oggi l'Hiv non è più una condanna a morte"

Salute e Benessere

Simonetta Poltronieri

“Ci sono stati sviluppi straordinari nella ricerca negli ultimi 40 anni", spiega la presidente dell’International Aids Society intervenuta a Health, l'appuntamento settimanale di Sky TG24 dedicato alla salute

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Presidente della International Aids Society, ricercatrice e direttrice del Peter Doherty Institute for Infection and Immunity di Melbourne, la professoressa Sharon Lewin fa il punto sulle principali novità in ambito scientifico per quanto riguarda l’Hiv e l’Aids. “Ho molta fiducia in quello che la scienza ha ottenuto e che penso potrà ottenere in futuro”, sottolinea, ospite di Health, lo spazio di approfondimento di Sky TG24 dedicato a salute e sanità.

Qual è la situazione al momento per quanto riguarda il virus dell’Hiv e l’Aids?

L’Hiv continua a essere una delle principali pandemie globali.  Le persone che attualmente convivono col virus nel mondo sono 38 milioni: l’anno scorso, secondo le stime, le nuove infezioni sono state 1,5 milioni, con 650 mila morti. L’Hiv è quindi ancora un problema rilevante. Ci sono più donne di uomini che convivono col virus e  più dell’80% delle persone con l’Hiv si trova in Africa subsahariana.

Che cosa è cambiato per i pazienti negli ultimi anni?

Ci sono stati degli sviluppi straordinari nella ricerca negli ultimi 40 anni. E la cosa più importante è che oggi abbiamo a disposizione dei trattamenti efficaci. Oggi l’Hiv non è più una condanna a morte. Le persone con l’Hiv possono vivere una vita in salute, avere una aspettativa di vita nella norma, grazie ai trattamenti. Sono trattamenti che vanno presi per tutta la vita. Attualmente sono somministrati in compresse, ma la più recente innovazione è l’utilizzo di iniezioni ogni due mesi. Dal punto di vista della prevenzione, invece, ci sono state delle novità importanti, come le cosiddette Prep, le profilassi pre-esposizione per prevenire le infezioni da Hiv. Sono molto efficaci, si parla di prevenire il 95% delle infezioni, e se somministrate attraverso iniezione invece che tramite compresse, l’efficacia si avvicina al 99%. Molte persone pensano che abbiamo gli strumenti per far sì che l’Hiv non esista più. Se tutti i malati di Aids ricevessero i trattamenti, nessuno morirebbe di Aids e se tutte le persone a rischio si sottoponessero alla profilassi pre-esposizione, il rischio non ci sarebbe più. Quindi la grande sfida oggi è implementare ciò che conosciamo e che già funziona.

"Ancora troppe differenze tra i Paesi nel mondo"

Ha menzionato alcune differenze che continuano a esserci oggi nel mondo quando si parla di queste tematiche. Quindi, come si può uniformare la ricerca? È risolvibile con fondi o con la cooperazione internazionale?

Ci sono delle grandissime differenze per quanto riguarda la pandemia di Hiv nel mondo. Nel mio Paese, l’Australia, vediamo che c’è una riduzione delle infezioni di Hiv ogni anno. Nel 2021 abbiamo registrato il più basso numero di infezioni nella storia dell’Hiv nel nostro Paese. Ma questo non vale per altri Paesi nel mondo, come quelli dell’Europa Centrale, le Filippine, il Pakistan o altri Paesi in Africa, dove i casi di Hiv sono in aumento. E questo è anche perché le persone a rischio Hiv sono ancora discriminate. Vengono stigmatizzate, criminalizzate. Stiamo parlando, ad esempio, di uomini che hanno rapporti con altri uomini, di persone che usano droghe, donne transgeder o sex worker. Queste discriminazioni rappresentano barriere a farsi i test e a essere assistiti dalla sanità pubblica. Non serve una singola risposta globale all’epidemia, ma piuttosto una risposta pensata appositamente per ogni singolo Paese in cui la fronteggiamo.

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Parlando di discriminazione, lei è presidente dell’International Aids Society. Tra le altre cose, vi occupate di educazione. Quale pensa possa essere il messaggio più importante da dare oggi contro la discriminazione che ancora viene associata a Hiv e Aids?

Sono al momento la presidente della International Aids Society, il cui obiettivo principale è di informare, farsi portavoce del problema ed educare. L’educazione è probabilmente una delle cose più importanti perché la stigmatizzazione e la discriminazione vengono dall’ignoranza. Può trattarsi di ignoranza su come viene trasmesso il virus, su come i comportamenti delle persone influenzano la possibilità di contrarre il virus. Quindi, se posso diffondere un solo messaggio, si tratta di promuovere l’educazione su questi temi e comprendere la scienza che sta dietro all’Hiv, assicurandosi che tutta la popolazione realmente sappia cosa sia e che conosca anche il motivo per cui è importante sottoporsi al test. Ed è importante anche sapere che ci sono dei trattamenti davvero eccezionali al momento disponibili. L’Hiv è completamente trattabile. Le persone che si sottopongono ai trattamenti possono oggi non diffondere più il virus alle persone che amano e possono essere in salute, così come possono condurre delle vite lunghe e sane. Ho condiviso molti messaggi positivi, ma detto questo, ricevere una diagnosi di positività all’Hiv è comunque ancora oggi una notizia devastante. Immaginate un ragazzo con l’Hiv a 20 anni che così viene a sapere che avrà il virus per tutto il resto della sua vita, e che dovrà essere in terapia per il resto della sua vita, visto che non abbiamo al momento una cura definitiva contro l’Hiv. Molti scienziati in giro per il mondo stanno lavorando per cercare una cura e un vaccino ma al momento non sono ancora disponibili. Bisogna essere speranzosi perché abbiamo dei trattamenti eccellenti per prevenire e trattare l’Hiv, ma la nostra sfida più grande è quella di lottare contro la discriminazione e la stigmatizzazione che esistono ancora in molti Paesi, incluso il mio, l’Australia.

Per concludere, come si immagina il futuro? È possibile, per lei, un mondo senza Aids?

Immagino un futuro in cui tutti hanno accesso ai test, alle cure e alle strategie di prevenzione. Attualmente solo il 70% delle persone che convive con l’Hiv si sottopone alle cure, dobbiamo fare in modo che questo numero cresca. Spero anche in un futuro in cui non ci sia più ignoranza, stigmatizzazione e discriminazione, e in cui giovani donne e uomini sappiano come prevenire l’infezione da Hiv. Avremo mai un mondo senza Hiv? Non credo succederà, ma quello che dobbiamo avere è un mondo senza Aids, in cui le persone non devono più ammalarsi. E un giorno, in futuro, spero che ci sia una cura definitiva e un vaccino. Ho molta fiducia in quello che la scienza ha ottenuto e che penso potrà ottenere in futuro.

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