Epilessia, identificato mix di fattori che la renderebbe cronica. Lo studio italiano

Salute e Benessere

I risultati di una nuova ricerca, coordinata dall'Irccs San Martino di Genova, potrebbero aprire la strada allo sviluppo di nuovi trattamenti personalizzati potenzialmente in grado di modificare la storia della malattia

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Identificato un possibile mix di fattori che renderebbe l'epilessia cronica. Secondo un nuovo studio multicentrico italiano, coordinato dall'Irccs San Martino di Genova, alla base vi sarebbero diversi fattori di rischio e biomarcatori che predicono la probabilità di cronicizzazione delle crisi epilettiche in seguito a un attacco autoimmunitario del cervello. Tra questi, crisi acute resistenti alle terapie nonostante l’uso di molti farmaci antiepilettici, l'assenza di anticorpi diretti contro i neuroni e la resistenza alle terapie.

Lo studio nel dettaglio

I risultati dello studio, condotto in collaborazione con l'Ospedale Pediatrico Salesi di Ancona e con il patrocinio della Lega Italiana Contro l'Epilessia (Lice), potrebbero aprire la strada allo sviluppo di nuovi trattamenti personalizzati potenzialmente in grado di modificare la storia della malattia.
Per compiere lo studio, pubblicato sulle pagine della rivista specializzata Journal of Neurology, Neurosurgery and Psychiatry, è stato analizzato il decorso della patologia su 263 pazienti seguiti nell'arco di 10 anni in 34 centri in tutta Italia.

I risultati

"I dati mostrano che ciò accade nel 44% dei pazienti colpiti da un attacco autoimmune al sistema nervoso centrale ma soprattutto che", in 8 pazienti su 10, "il rischio di successiva epilessia aumenta se le crisi acute sono resistenti alle terapie nonostante un alto numero di farmaci anticrisi utilizzati per controllare gli episodi, se non sono presenti specifici anticorpi diretti contro i neuroni e se l'immunoterapia è risultata inefficace nella fase acuta della malattia anche per un ritardo nella sua somministrazione", ha riferito Flavio Villani, direttore dell'Unità di Neurofisiopatologia del Policlinico San Martino e coordinatore del progetto. "Riconoscere tempestivamente questi pazienti a rischio è fondamentale, perché così si può accelerare l'inizio di un'immunoterapia riducendo il rischio di un danno cerebrale permanente che può portare a un'epilessia cronica, irreversibile e difficile da gestire", ha aggiunto.

 

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