La ricerca ha dimostrato che gli inibitori della acetilcolinesterasi (AChEI) non solo riducono la mortalità di circa il 40%, ma limitano in modo sostanziale il declino delle funzioni nel tempo
L’Alzheimer è la forma più comune di demenza conosciuta al mondo. I sintomi, che si sviluppano in maniera lenta peggiorando nel tempo, agiscono sulle attività quotidiane, compromettendo nettamente la vita di chi ne è colpito. Non si tratta di semplice perdita di memoria, ma di un morbo incurabile che incide anche nei comportamenti più comuni, e che porta difficoltà nel parlare, nel deglutire e nel camminare. Dall’Università di Ferrara arriva però uno studio dal Dipartimento di Medicina Traslazionale e per la Romagna che riguarda proprio il trattamento delle malattie che rientrano nell’ambito della demenza. Non solo Alzheimer quindi, ma anche demenza vascolare e demenza a corpi di Lewy.
Più di un milione di italiani soffrono di demenza
La ricerca, coordinata dal professor Giovanni Zuliani, responsabile del Dipartimento addetto di Unife, ha dimostrato come gli inibitori della acetilcolinesterasi (AChEI), farmaci cui efficacia è stata in passato messa in dubbio, non solo riducano la mortalità di circa il 40%, ma limitino in modo sostanziale il declino delle funzioni nel tempo. Con circa 47 milioni di pazienti affetti al mondo, di cui un milione in Italia, lo studio, pubblicato sulla National Library of Medicine - la più grande biblioteca medica del mondo - assume oggi una notevole rilevanza.
Quando il farmaco funziona davvero
"Gli inibitori della acetilcolinesterasi (AChEI), come Dopenezil, Galantamina, Rivastigmina, sono farmaci che aumentano la concentrazione della acetilcolina nel cervello. Sebbene l'efficacia di questi farmaci sia stata dimostrata nei trial clinici randomizzati pre-commercializzazione, la loro efficacia nel mondo reale è stata ripetutamente messa in dubbio: dopo la loro immissione in commercio, avvenuta circa 20 anni fa, i dati sulla loro reale utilità presenti in letteratura sono scarsissimi. Ciò è anche dovuto al fatto che, rispetto ai pazienti arruolati negli studi clinici, quelli che si presentano quotidianamente negli ambulatori di geriatria/neurologia sono casi molto più complessi. Purtroppo però la sperimentazione di nuovi farmaci, che non si è mai arrestata, ha dato finora risultati molto deludenti, con il fallimento del 99% dei trial clinici", ha spiegato Zuliani. Il nuovo studio, quindi, evidenzia l’efficacia di questi farmaci, assumendo un’importanza ancora maggiore se si considera che questi trattamenti sono disponibili a basso costo e che presentano buoni livelli di tollerabilità da parte dei pazienti.