In Evidenza
Altre sezioni
altro

Per continuare la fruizione del contenuto ruota il dispositivo in posizione verticale

Boom di nuovi farmaci, ma sono davvero innovativi?

Salute e Benessere

Nadia Cavalleri

Ricerca sul genoma, lotta contro il tumore e pandemia hanno ridato vigore all’industria farmaceutica, ma solo un terzo degli oltre 150 nuovi farmaci del 2021 ha dimostrato delle significative novità. Se n’è parlato al quattordicesimo Forum nazionale Pharma organizzato da Società Italiana di Farmacologia 

Il tuo browser non supporta HTML5

Condividi:

Decine e decine di farmaci “nuovi” arrivano sul mercato ogni anno. Abbiamo cercato di capire insieme al Prof. Armando Genazzani, prof. di farmacologia all’Università del Piemonte orientale, come riconoscere l’innovazione e definire l’equivalenza o sovrapponibilità terapeutica.

“Il mercato dei farmaci è un mercato globale - spiega - il Prof. Genazzani - i farmaci che arrivano a noi sono gli stessi che arrivano negli Stati Uniti, che arrivano agli olandesi e così via, quindi siamo fortunati come paesi occidentali perché ne arrivano tanti di farmaci e arrivano a tutti. Obiettivamente l’industria farmaceutica, dopo un certo momento di stanca, ha un rilancio dovuto alle nuove tecnologie e anche al genoma”.

Cos'è il farmaco innovativo

“Un farmaco innovativo è un farmaco che dà un vantaggio clinico ai pazienti significativo, che cambia la storia naturale della malattia di cui soffre un paziente, oppure che risponde ad un bisogno insoddisfatto al momento dai farmaci che ci sono e che ha buone prove cliniche per dimostrare che veramente ha questo aspetto” continua il Prof. Genazzani. Un farmaco innovativo, quindi, non è solo un farmaco nuovo, ma un farmaco che cura una patologia fino a quel momento senza terapia, oppure un farmaco che aggiunge valore in termini di efficacia e/o sicurezza rispetto ai farmaci già esistenti.

“La differenza fra innovativo e non è qualcosa che al paziente non dovrebbe nemmeno tanto interessare" sottolinea il Prof., che prosegue chiarendo con una domanda: "Risponde ad una sua esigenza oppure no questo nuovo farmaco? Oppure promette solo di risolvere qualcosa? Questa è la grande differenza! Di farmaci buoni ce ne sono, ce ne sono tanti: possiamo fare l’esempio dell’epatite C dove prima avevamo terapie che erano molto tossiche e non necessariamente efficaci mentre ora sono arrivati farmaci eccezionali che in poche settimane eradicano il virus. Possiamo anche fare l’esempio di certe terapie oncologiche che su alcuni tumori modificano radicalmente la storia naturale della malattia. La vera domanda da porsi (e da porre al medico curante) quindi è: cosa ha dimostrato questo farmaco? Così possiamo vedere se  risponderà alle nostre esigenze oppure no”.

Farmaci per combattere il tumore. A che punto siamo?

Per quanto riguarda i farmaci per combattere i tumori "ne stanno arrivando tanti e, ancora una volta,  un farmaco anti-tumorale non è uguale ad un altro: alcuni hanno già dimostrato di essere eccezionali, altri hanno promesso di esserlo ma non lo hanno ancora dimostrato a pieno" dice il Prof. Genazzani. "Alcuni - continua - cambiano proprio le prospettive dei pazienti, altri sono uguali ma hanno molta meno tossicità o una tossicità diversa, ed è un momento davvero florido per la terapia. Una delle problematiche emersa anche al convegno è che non tutti hanno dimostrato davvero qualcosa, cioè si sta in qualche maniera andando a favorire il bisogno terapeutico rispetto alle prove di un farmaco".

La Pandemia e la necessità di trovare risposte comuni 

"Io credo nel modello americano dove la competizione fa bene. La pandemia ha dato una spinta alla modernizzazione di tante procedure e processi e ha messo in chiaro che il tempo è un valore perciò a volte bisogna fare le cose in fretta" spiega Genazzani, che conclude dicendo "non sono sicuro che si sia creato un sodalizio che vada al di là delle aziende, ma la competizione fra queste è qualcosa di molto positivo".