Tumore della prostata in aumento tra gli under 50: +3,4% di casi l'anno

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E’ uno dei dati emersi durante il XXXI congresso nazionale della Società Italiana di Urologia Oncologica. Secondo gli esperti, in quest’ottica, è importante che i giovani con familiarità svolgano i test già intorno ai 40 anni: per loro, infatti, il rischio è di 3-5 volte superiore agli altri pazienti

Il tumore della prostata, in Italia, tende a riguardare sempre di più i “giovani”. Il numero di nuovi casi, infatti, cresce del 3,4% l'anno tra gli under 50. È uno dei dati di cui si è discusso nel corso del XXXI congresso nazionale della Società Italiana di Urologia Oncologica, in cui si è parlato anche della medicina di precisione come via per indirizzare sempre più il paziente alle terapie più adatte al singolo caso.

L’importanza dei test per chi ha familiarità  

Come confermato da Alberto Lapini, presidente della Società Italiana di Urologia Oncologica, “il carcinoma prostatico spesso nei pazienti più giovani è asintomatico oppure molto aggressivo”. Proprio per questo motivo è importante che i giovani con familiarità svolgano il test del PSA già intorno ai 40 anni: per loro, secondo gli esperti, il rischio è di 3-5 volte superiore. “Dobbiamo riuscire a dare un inquadramento sempre più appropriato dei nostri pazienti”, ha sottolineato invece Giario Conti, segretario nazionale della Società Italiana di Urologia Oncologica. Confermando come la ricerca stia sempre più “perfezionando i test genetici e altre tecnologie diagnostiche”, fondamentali a mano a mano che si renderanno disponibili farmaci molecolari mirati come quelli già in uso con successo nella cura del tumore del seno e dell'ovaio.

I dati che riguardano i tumori genito-urinari

Analizzando i dati che riguardano il nostro Paese, lo scorso anno il totale dei casi di tumori genito-urinari è stato pari a 76.800. In particolare, 36.000 nuovi casi hanno riguardato il cancro alla prostata, 13.500 al rene, 2.300 al testicolo e 25.000 alla vescica. “La pandemia ha pesantemente influenzato i livelli di assistenza per i pazienti”, ha riferito Rolando Maria D'Angelillo, consigliere nazionale della Società Italiana di Urologia Oncologica. “In molte strutture sanitarie oncologiche i trattamenti chirurgici, farmacologici e radioterapici sono stati interrotti o comunque drasticamente ridotti. Ora la situazione risulta decisamente migliorata e i rischi di contagio in ospedale sono quasi nulli”, ha aggiunto. Tuttavia, gli esperti hanno evidenziato ancora “una diffidenza da parte di alcuni pazienti a recarsi negli ambulatori per ricevere cure ed esami”. Per ovviare alle criticità emerse, una possibile soluzione sarebbe “il ricorso a terapie a lungo termine, trimestrali e semestrali, per il trattamento del carcinoma prostatico, così da limitare gli accessi agli ospedali e al tempo stesso favorire l'aderenza terapeutica”, ha concluso Conti. Adesso, secondo gli esperti, è possibile tornare ai volumi di assistenza pre-pandemici, con l'ospedale ritornato ad essere “un luogo sicuro”.

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