Lo hanno scoperto i ricercatori finlandesi dell’Univeristà di Turku che, in uno studio cominciato nel 2002, hanno segnalato come una grande quantità di enterobatteri presenti nel microbiota intestinale possa essere correlata al rischio di mortalità a lungo termine
Il microbiota intestinale potrebbe avere un ruolo nello stabilire la longevità di una persona. E’ la conclusione a cui sono giunti i ricercatori finlandesi dell’Univeristà di Turku, che hanno scoperto come una grande quantità di enterobatteri presenti nel microbiota intestinale possa essere correlata al rischio di mortalità a lungo termine. Lo studio, condotto proprio nella popolazione adulta finlandese, è stato supportato dagli esperti del Finnish Institute for Health and Welfare e, come si legge in un comunicato diffuso online, è finora il più grande studio al mondo che sia riuscito ad esaminare la connessione tra microbiota intestinale umano e mortalità.
Il ruolo degli enterobatteri
Dal lavoro di ricerca è emerso come alcuni individui con un certo assetto dei batteri intestinali possano rivelare un'aspettativa di vita ridotta, soprattutto quando nel loro intestino abbondano proprio gli enterobatteri, un nutrito numero di batteri che prevalentemente hanno come habitat l’intestino umano e animale. In particolare, lo studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista “Nature Communications”, ha coinvolto oltre 7000 persone, tutte in Finlandia ed è riuscito a dimostrare come il profilo individuale nelle diverse specie di batteri che sono stanziate nel nostro intestino possa essere associato al nostro rischio di morte nelle decadi successive, al pari di altri fattori quali l'abitudine al fumo o la sedentarietà.
Uno studio cominciato nel 2002
Per condurre lo studio, i ricercatori finlandesi hanno prelevato nel 2002 un campione di feci a ciascun partecipante allo studio e hanno analizzato la composizione del microbiota utilizzando un software basato, nello specifico, sull'intelligenza artificiale, producendo una serie davvero massiccia composta da milioni e milioni di dati. Quindi hanno mantenuto sotto osservazione il campione fino al 2017, registrando di pari passo tutti i decessi avvenuti in quel lasso temporale. Da questo studio è emersa una sorta di "firma" del microbiota intestinale, associata al rischio di morte. Infatti, la mortalità si è rivelata essere più elevata tra coloro che presentavano nell'intestino una maggiore diffusione di enterobatteri. Secondo i ricercatori, infine, il profilo del microbiota intestinale dipende molto dallo stile di vita adottato e dall'alimentazione e dunque la correlazione individuata potrebbe essere solo un riflesso dell'impatto che tali fattori hanno sul rischio di morte. Adesso, hanno sottolineato in conclusione i ricercatori, occorreranno nuovi studi per approfondire il tema, ma la scoperta potrebbe spiegare in maniera accurata come la composizione del microbiota di ciascun individuo può essere utilizzata anche per prevedere il rischio di morte nei decenni a venire, al pari di altri fattori già ritenuti significativi.