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Covid, studio Iss-Aifa: con polmonite plasma iperimmune non efficace

Salute e Benessere
©Ansa

Lo studio denominato “Tsunami”, promosso dall’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) e dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss) “non ha quindi evidenziato un beneficio del plasma in termini di riduzione del rischio di peggioramento respiratorio o morte nei primi trenta giorni”, hanno rilevato gli esperti. “Solo nel caso dei pazienti con una compromissione respiratoria meno grave è emerso un segnale a favore del plasma che non ha però raggiunto la significatività statistica", è poi emerso

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Il plasma iperimmune non produce benefici se usato su pazienti con Covid che hanno già sviluppato una polmonite lieve o moderata. E’ questo l’esito dello studio “Tsunami” promosso dall’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) e dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss), di cui sono stati resi noti i risultati. Lo studio, ha spiegato l’Aifa in un comunicato, “non ha quindi evidenziato un beneficio del plasma in termini di riduzione del rischio di peggioramento respiratorio o morte nei primi trenta giorni”. Alla ricerca hanno partecipato 27 centri clinici in tutta Italia che hanno coinvolto un totale di 487 pazienti, a metà dei quali è stato somministrato plasma insieme alla terapia standard, mentre l'altra metà ha usufruito della sola terapia.

Gli esiti dello studio

La terapia con plasma iperimmune, ovvero quello ottenuto da pazienti guariti, è stata una delle prime tentate nella lotta contro il Covid-19, fin dall'inizio della pandemia legata al coronavirus. Lo studio “Tsunami”, in particolare, ha confrontato l'effetto del plasma da convalescente ad alto titolo di anticorpi neutralizzanti rispetto alla sola terapia standard in pazienti positivi al Covid e con polmonite con compromissione ventilatoria, da lieve a moderata. "L'analisi dei differenti sottogruppi ha confermato l'assenza di differenze significative tra i due trattamenti”, hanno riferito gli esperti. “Solo nel caso dei pazienti con una compromissione respiratoria meno grave è emerso un segnale a favore del plasma che non ha però raggiunto la significatività statistica". Questo fattore, comunque, potrebbe suggerire l’opportunità di studiare ulteriormente il potenziale ruolo terapeutico del plasma nei soggetti positivi al coronavirus in forma lieve-moderata e nelle primissime fasi della malattia. Il trattamento, si legge ancora nella nota dell’Aifa, “è risultato complessivamente ben tollerato, anche se gli eventi avversi sono risultati più frequenti nel gruppo che ha ricevuto il plasma”.

Risultati in linea con quelli della letteratura internazionale

Come detto, hanno partecipato allo studio 27 centri clinici distribuiti in tutto il territorio italiano, che hanno arruolato 487 pazienti: 324 in Toscana, 77 in Umbria, 66 in Lombardia e 20 da altre Regioni. “Le caratteristiche demografiche, le comorbidità esistenti e le terapie concomitanti sono risultate simili nei due gruppi di pazienti, 241 assegnati al trattamento con plasma e terapia standard (231 valutabili), e 246 alla sola terapia standard (239 valutabili)”, segnala l’Aifa. Ciò che è emerso, dunque, è che “non è stata osservata una differenza statisticamente significativa nell’end-point primario tra il gruppo trattato con plasma e quello trattato con terapia standard”. I risultati dello studio “Tsunami”, hanno rilevato ancora gli esperti, risultano essere in linea con quelli della “letteratura internazionale, prevalentemente negativa, fatta eccezione per casistiche di pazienti trattati molto precocemente con plasma ad alto titolo”.

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