Cellule staminali, i gastruloidi aiutano a studiarne lo sviluppo

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Col passare del tempo l’uso di questi organoidi potrebbe arrivare a sostituire, almeno in parte, la sperimentazione animale

Anno dopo anno, la ricerca scientifica si sta spostando in direzione finora inesplorate, potenzialmente in grado di portare a dei risultati senza precedenti. L’uso dei gastruloidi, degli aggregati tridimensionali di cellule staminali embrionali, per esempio, potrebbe condurre a una riduzione significativa degli esperimenti condotti sugli animali. Nel corso di un nuovo studio, guidato dai ricercatori dell'Istituto di genetica e biofisica del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli (Cnr-Igb), questi organoidi si sono dimostrati in grado di consentire lo studio in vitro dello sviluppo di diversi tipi di cellule staminali. Tutti i risultati ottenuti sono stati descritti sulle pagine della rivista specializzata Stem Cell Reports.

Gli interrogativi sullo sviluppo embrionale

“Alcune fra le domande più affascinanti della biologia sono fondamentali per capire i meccanismi alla base delle malattie e aiutare a sviluppare strategie preventive e terapeutiche”, osserva Gabriella Minchiotti, una delle coordinatrici dello studio. “Come si sviluppa un embrione molto complesso a partire da un iniziale aggregato di cellule molto simili tra loro? Perché in alcuni casi lo sviluppo embrionale si interrompe o si altera portando a condizioni patologiche? Quali farmaci, condizioni nutrizionali/metaboliche, interferiscono con il corretto sviluppo di un embrione?”: queste sono alcune delle domande a cui i ricercatori stanno cercando di trovare una risposta. I gastruloidi potrebbero essere la chiave per fare luce su alcuni di questi interrogativi e aprire delle prospettive inedite per la ricerca biomedica. 

 

L’importanza dei gastruloidi

"I gastruloidi sono organoidi embrionali e costituiscono un eccellente sistema modello, sia per studiare lo sviluppo di tessuti in condizioni normali o patologiche, sia per identificare geni, nutrienti (aminoacidi, lipidi, zuccheri), e condizioni fisicochimiche (temperatura, pressione di ossigeno) che garantiscono un corretto sviluppo embrionale”, spiega Minchiotti. “Il nostro team ha dimostrato che non tutte le cellule staminali embrionali di topo sono in grado di formare gastruloidi e che la loro competenza dipende dallo stato di pluripotenza. Mentre le cellule staminali più immature (naïve) sono in grado di generarne, quelle in uno stadio più avanzato (primed) formano aggregati cellulari che non riescono a svilupparsi correttamente”, ha aggiunto l’esperta. Oltre a lei, anche Eduarco Patriarca ha coordinato gli studiosi che hanno preso parte alla ricerca. Il buon esito dello studio è stato possibile anche grazie alla collaborazione di Alfonso Martinez-Arias dell’Università di Cambridge.

 

Verso l’abbandono della sperimentazione animale?

Al momento le ricerche sui gastruloidi sono ancora all’inizio e devono necessariamente essere affiancate ai tradizionali studi “in vivo”. Col passare del tempo, tuttavia, è possibile che potrebbero sostituire, almeno in parte, la sperimentazione animale. “Definire funzionalmente una cellula staminale richiede, a oggi, l’utilizzo di modelli animali, i nostri studi suggeriscono che l’efficienza di formazione di un gastruloide, è un valido modello “in vitro” per definire lo stato di pluripotenza di una cellula staminale, chiarisce Minchiotti. “Inoltre, la particolare configurazione e l’efficienza del metodo messo a punto dai ricercatori per generare gastruloidi, fa di questa metodologia una piattaforma ottimale per screening genetici e farmacologici sia per studi di ricerca di base che applicata”, conclude l’esperta.

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