Covid, Locatelli a Sky Tg24: la maggior parte dei nuovi contagi non è dovuta a riaperture
Salute e BenessereLo ha detto il presidente del Consiglio Superiore di Sanità, intervenuto nel corso di Timeline, su Sky TG24, commentando la situazione sanitaria attuale nel nostro Paese
“Il tempo medio di incubazione del nuovo coronavirus è tra i cinque e i sette giorni. Qualcuno magari ha dei tempi di incubazione più lunghi, però certamente non possiamo pensare che gli attuali contagi siano un fenomeno che risale a diverse settimane fa”. Sono le parole di Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità, che è intervenuto nel corso di Timeline, su Sky TG24, confermando comunque che il trend attuale dei contagi è diminuito. “I numeri che abbiamo a disposizione confortano lungo la direzione che c’è una progressiva flessione del numero dei nuovi contagi, così come c’è un evidente calo di tutte le persone che hanno necessitato di un ricovero ospedaliero, soprattutto nelle terapie intensive”. Occorre comunque agire con cautela, nonostante i trend siano positivi (VIDEO): “Questo però non deve indurci ad allentare tutta una serie di comportamenti improntati alla responsabilità individuale. Per quanto i numeri siano marcatamente più ridotti tuttavia il fatto che documentiamo ancora un numero di tamponi positivi di una certa consistenza indica inequivocabilmente che il virus continua a circolare seppur in maniera sempre meno espressa. Dobbiamo continuare sulla linea di prudenza fino ad arrivare a ridurre a zero i contagi nel nostro Paese”, ha poi aggiunto Locatelli.
La carica virale del virus
Locatelli si è poi soffermato sulla questione relativa all’attuale carica virale del coronavirus: “Per definire un eventuale indebolimento del virus dovremmo avere evidenza dal sequenziamento di ceppi virali che sono stati isolati che vi è stata la presenza di mutazione che in qualche modo hanno ridotto il potere di aggressione del virus. Non abbiamo affatto queste evidenze. È invece vero che si è ridotto sia il numero di soggetti che vengono contagiati, sia la gravità delle manifestazioni cliniche, ma questo fa riferimento a quella che si chiama la carica virale, cioè il numero di copie di coronavirus che alberga in un soggetto che si è infettato”, ha spiegato l’esperto. Questo è anche uno dei motivi che racconta la situazione sanitaria odierna, molto meno preoccupante di qualche settimana fa: “Mettendo insieme la riduzione del numero di contagiati, il fatto che usiamo dei dispositivi di protezione individuale, il fatto che in generale vi è una sorta di circolo per cui quanto è più bassa la carica infettante tanto più bassa lo sarà anche in chi si infetta, abbiamo l’evidenza del perché fortunatamente oggi i malati che afferiscono alle strutture ospedaliere sono significativamente meno gravi”, ha detto il numero uno del Css. Un altro aspetto della situazione che si vive in questi giorni riguarda poi l’età dei pazienti colpiti da Covid-19. “Non ci sono dati per dirlo con certezza, ma il profilo di gravità dei malati oggi è decisamente meno espresso. Non tirerei delle conclusioni forti, ma è indubitabile che adesso si vedono anche malati con un’età più giovane rispetto a quella che si osservava nel picco della fase epidemica”.
Il punto sugli asintomatici
Un altro tema trattato da Locatelli ha riguardato la querelle nata dopo le dichiarazioni (poi riviste) della funzionaria dell'Oms, Maria Van Kerkhove secondo cui gli asintomatici raramente possono trasmettere il coronavirus. “Ci sono pubblicazioni scientifiche che documentano che anche in soggetti asintomatici la carica virale sia significativamente elevata e quindi i soggetti asintomatici certamente hanno la possibilità di infettare. Poi è chiaro che tendenzialmente la carica virale è più elevata nei soggetti sintomatici, e quindi è maggiore la potenzialità di trasmettere il virus, ma questo non vuol dire che gli asintomatici non possano trasmettere l’infezione”, ha chiarito.
Virus già presente a Wuhan ad ottobre?
Tema caldo delle ultime ore è stato anche quello legato allo studio diffuso dai ricercatori dell’università di Harvard, secondo il quale gli ospedali di Wuhan, epicentro dell’epidemia in Cina, erano affollati già ad ottobre. “Credo che sia difficile trarre delle conclusioni rispetto alla presenza aumentata negli ospedali nella zona di Wuhan già nel mese di ottobre. Andrebbe chiarito prima perché c’è stato un incremento di afflusso di malati negli ospedali di quell’area prima di trarre delle conclusioni definitive in questa prospettiva”, ha detto Locatelli a SkyTg24. “Che poi ci possa essere stato un ritardo di poche settimane nella comunicazione da parte della nazione cinese questo forse è un dato un po’ più solido. Ma farlo risalire a quel periodo sulla base di interpretazione di una maggior presenza di malati nel mese di ottobre mi sembra una deduzione un po’ forzata”.