Coronavirus, Iss: “In Italia non è più aggressivo rispetto alla Cina”
Salute e BenessereIl direttore del Dipartimento di malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità ha smentito in conferenza stampa che in Italia circoli un ceppo del virus contraddistinto da maggiore aggressività: “È come quello cinese che viene da Wuhan"
Si è parlato negli ultimi giorni della possibile esistenza di più ceppi differenti del nuovo coronavirus (LE ULTIME NOTIZIE IN DIRETTA), uno dei quali sarebbe stato descritto come più aggressivo. Questa versione è però smentita dal direttore del Dipartimento di malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità Giovanni Rezza, secondo cui il virus sequenziato in Italia non presenterebbe differenze significative da quello che si è diffuso a partire da Wuhan, città cinese epicentro dell’epidemia. Proprio dalla Cina, ha poi specificato Rezza, sono giunte molte informazioni preziose riguardanti il contenimento dell’infezione da Covid-19 (LO SPECIALE).
Iss: coronavirus in Italia uguale a quello cinese
In data 11 marzo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato, dopo le smentite delle settimane precedenti, che “il Covid-19 può essere caratterizzato come una situazione pandemica”, come affermato da Tedros Adhanom Ghebreyesus. Il crescente numero di casi in sempre più Paesi ha rappresentato certamente una discriminante decisiva, ma le versioni secondo cui il virus inizialmente originato in Cina sarebbe diverso a quello che si è poi diffuso nel mondo non sarebbero attendibili secondo gli esperti. Interpellato in conferenza stampa, Giovanni Rezza ha infatti precisato che “l’Iss ha isolato e sequenziato il genoma del virus di un paziente cinese allo Spallanzani e di un paziente lombardo, tutto il genoma. Ora facciamo lo stesso con un paziente veneto. Ci sono solo piccole mutazioni, il virus è come quello cinese che viene da Wuhan, non è diventato più aggressivo in Italia”.
Cina, il contenimento di Covid-19 è stato “un successo”
Rezza ha poi fatto riferimento alla Cina anche per elogiare le misure di contenimento dell’infezione responsabile dei casi di Covid-19, spiegando che “quanto fatto a Wuhan e nell’Hubei è un successo” e rappresenta un insegnamento anche per l’Europa, dove però “vengono applicate le misure in maniera diversa”. Secondo Rezza il caso cinese sarebbe la dimostrazione che “misure stringenti possono rallentare o addirittura controllare focolai anche grandi”.