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Resistenza agli antibiotici: 50% dei consumi avviene negli allevamenti

Salute e Benessere
Immagine di archivio (Getty Images)

È quanto emerge dai dati del Piano Nazionale di Contrasto dell'Antimicrobico-Resistenza, riportati in uno studio condotto dai ricercatori del Policlinico Gemelli 

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Dai dati del Piano Nazionale di Contrasto dell'Antimicrobico-Resistenza, riportati in uno studio condotto dai ricercatori del Policlinico Gemelli e pubblicato sulla rivista Igiene e Sanità Pubblica, emerge che in Italia il 50% del consumo degli antibiotici si verifica negli allevamenti di suini, polli e tacchini. La ricerca indica che il fenomeno dell’antibiotico resistenza, che questo abuso ha diffuso nel settore animale, può essere aggravato dalla trasmissione di batteri dagli animali all’uomo, non solo tramite il contatto diretto, ma anche attraverso il consumo degli alimenti. Nello studio, basato sui dati finora pubblicati sul tema, i ricercatori hanno sottolineato come la salmonella presenti già la presenza di ceppi resistenti a più antibiotici, proprio come avviene per Escherichia Coli, batterio presente in tutte le più comuni specie allevate in Italia (tacchini 73,0%, polli 56,0%, suini da ingrasso 37,9%) e nell’uomo (31,8%).

Il legame tra alimentazione e antibiotico-resistenza

Walter Ricciardi, docente di Igiene generale e applicata all’Università Cattolica, spiega che “la resistenza agli antibiotici viene messa in moto anche da alterazioni indotte dall’alimentazione degli animali di cui ci nutriamo”. L’esperto sottolinea che mangiando il pollame, le uova e la carne di maiale (inclusi i derivati) si ingeriscono “frammenti di genoma modificati che entrano nel Dna di chi li mangia”: ciò determina il trasferimento dell’antibiotico-resistenza dall’animale all’uomo. La conseguenza è che a livello ospedaliero, dove affluiscono tutti i pazienti con infezioni incurabili, “l’Italia continua a peggiorare rispetto agli altri paesi dell’Unione Europea”, prosegue Ricciardi. L’esperto sottolinea che spesso gli antibiotici vengono somministrati anche agli animali sani a scopo preventivo.

L’appello di Walter Ricciardi

Walter Ricciardi spiega che, sebbene esistano delle leggi che regolamentano l’uso di questi farmaci negli allevamenti, finora il Piano del Ministero della Salute sull’antibiotico-resistenza varato nel 2017 è rimasto sulla carta. “È necessario coinvolgere i manager delle strutture ospedaliere, i medici, i veterinari e gli allevatori”, dichiara il professore. “Se esiste una legge che vieta di prescrivere antibiotici agli animali se non sono malati, è chiaro che asl e veterinari devono controllare”, prosegue Ricciardi. Inoltre, l’esperto afferma che l’obbligo della ricetta elettronica veterinaria per i farmaci degli animali, in vigore in Italia dallo scorso aprile, “potrebbe essere un valido deterrente per il nostro paese, ma non bisogna scordare che su Internet è presente un fiorente mercato d’importazione illegale di antibiotici”.