Topi ciechi tornano a vedere con iniezione di un gene nella retina

Salute e Benessere
Immagine di archivio (Getty Images)

Con questa tecnica i ricercatori di Berkeley hanno ridato la vista a topi affetti da degenerazione retinica. Entro tre anni il team vorrebbe sperimentare la terapia genica sulle persone 

Il passaggio dalla cecità alla vista sarebbe possibile, almeno per i topi. Proprio grazie ai risultati ottenuti sui roditori, entro pochi anni potrebbero partire le sperimentazioni cliniche basate sulla terapia genica allo scopo di guarire le moltissime persone che soffrono di degenerazione della retina. È bastata infatti l’iniezione di un singolo gene per ridare la vista agli animali affetti dal disturbo visivo, un traguardo raggiunto dall’Università di Berkeley e pubblicato su Nature Communications, che dà naturalmente speranza per futuri trattamenti efficaci anche sugli esseri umani.

L’iniezione di un gene contro le malattie della retina

Sono circa 170 milioni le persone in tutto il mondo colpite dalla degenerazione maculare legata all’età, piuttosto comune dai 55 anni in su. Come nel caso di chi soffre di altre degenerazioni retiniche, le principali contromisure cercano di fermare o rallentare il peggioramento di questi disturbi, mentre l’installazione piuttosto invasiva di un occhio elettronico sarebbe ad oggi l’unica soluzione per recuperare almeno in parte la vista. Sorprendentemente, è stato molto più semplice il metodo utilizzato dai ricercatori per guarire i topi dal disturbo visivo: con una sola iniezione il team ha inserito un gene, trasportato da un virus inattivato, all’interno del Dna delle cellule gangliari, riuscendo a renderle nuovamente sensibili alla luce.

Vista recuperata in un mese

Secondo Ehud Isacoff, autore dello studio, si tratta di un processo talmente semplice che, ironicamente, “avrebbe potuto essere eseguito 20 anni fa”. Dopo l’iniezione, nel giro di un mese i topi hanno recuperato la capacità di vedere, riuscendo addirittura a muoversi in mezzo ad ostacoli. “Basterebbe iniettare questo virus nell’occhio di una persona - prosegue Isacoff - perché dopo circa un mese questa cominci a vedere qualcosa: è una cosa fantastica, a pensarci”. Mentre il team dell’Università di Berkeley è ora al lavoro per studiare variazioni che consentano un recupero ancora più marcato della vista, oltre a una piena visione a colori, alcuni ricercatori stanno già raccogliendo fondi per iniziare entro tre anni le sperimentazioni cliniche sulle persone. Anche Andrea Cusumano dell’Università di Tor Vergata parla di uno studio “potenzialmente rivoluzionario”, anche perché “la molecola prodotta da questo gene, una volta nelle cellule retiniche, si adatta a diverse condizioni di luce”, evitando così successivi danni all’occhio.

Salute e benessere: Più letti