Dalla celiachia, alla difficoltà di digestione del lattosio, al favismo, ecco cosa sono e che sintomi hanno questi disturbi legati all'alimentazione
Le intolleranze alimentari sono reazioni avverse al cibo che, diversamente dalle allergie, non sono provocate dal sistema immunitario. Le intolleranze, come spiega l'Istituto Superiore di Sanità, sono infatti legate all'incapacità di assimilare in maniera corretta determinati tipi di cibi, solitamente a causa di una predisposizione genetica. In Italia le più comuni sono quelle al lattosio e al grano, ma anche all'uovo e alla soia.
Cosa sono le intolleranze alimentari
La definizione di intolleranza alimentare si basa principalmente su due classificazioni, proposte rispettivamente dall'American Academy of Allergy Asthma and Immunology e dall'European Academy of Allergology and Clinical Immunology. La prima ha definito una classificazione, largamente accettata, che racchiude i disturbi alimentari nella categoria "reazioni avverse al cibo", distinguendoli tra allergie e intolleranze appunto. Le allergie sarebbero mediate da meccanismi immunologici, mentre le intolleranze non sarebbero provocate dal sistema immunitario. L'European Academy of Allergology and Clinical Immunology, invece, ha introdotto la distinzione tra reazioni tossiche e non tossiche: le prime dipenderebbero dalla quantità di tossine ingerite presenti nell'alimento, le seconde dalla suscettibilità dell’individuo e si suddividono in allergie e intolleranze. Anche se i dati nazionali sono limitati, studi europei stimano una percentuale di reazioni avverse al cibo intorno al 7,5% nei bambini e al 2% negli adulti.
La celiachia
Tra le reazioni avverse al cibo più comuni in Italia c'è la celiachia, un disturbo causato dall'incapacità di assimilare correttamente il glutine, sostanza presente principalmente in alimenti a base di frumento. La celiachia non è un'allergia e nemmeno un'intolleranza nel senso stretto della definizione, in quanto l'assunzione di glutine scatena una reazione immunitaria delle immunoglobuline G, anticorpi che possono provocare una risposta infiammatoria a livello dell'intestino tenue, impedendo, sul lungo termine, anche di assorbire le sostanze nutritive contenute nel cibo. "Molti chiamano la celiachia intolleranza al glutine - come spiega l'allergologo Guglielo Meregalli - perché non sono coinvolti gli anticorpi IgE come nelle allergie", ma comunque una risposta immunitaria da parte dell'organismo c'è. "Le IgE - spiega l'allergologo - causano liberazione di istamina, di mediatori chimici dell'infiammazione, per cui c'è prurito sulle labbra, in gola, gonfiore, movimento intestinale, l'orticaria e, invece, gli anticorpi della celiachia provocano l'infiltrazione della mucosa dell'intestino distruggendo le cellule superficiali". Nel 2016 l'Italia ha fatto registrare un totale di 15.569 nuovi casi di celiachia, quasi cinquemila diagnosi in più rispetto all'anno precedente. Gli esperti, però, ritengono che siano molti di più gli italiani che non sanno ancora di esserne affetti: la stime parlano di 408mila casi.
Intolleranza al lattosio e favismo
Una forma comune di intolleranza enzimatica è quella al lattosio. Si tratta di un disturbo generalmente ereditario, molto diffuso in Asia e in alcune regioni dell'America. In Europa, è proprio l'area mediterranea, tra cui quella italiana, a far registrare il maggior numero di casi. Il lattosio è lo zucchero contenuto nel latte e per essere assorbito dall'organismo deve prima essere scomposto in glucosio e galattosio. La sostanza adibita a questa operazione è un enzima chiamato lattasi. Per questa ragione, la sua carenza può comportare una limitata capacità di digerire il lattosio.Tra le reazioni avverse al cibo legate alla mancanza di un enzima c'è anche il favismo, una forma grave di anemia diffusa in Italia che tra i fattori scatenanti principali avrebbe appunto l'ingestione di fave o l'inalazione del loro polline. La patologia è correlata alla mancanza di glucosio 6 fosfato deidrogenasi, un enzima del metabolismo del glucosio, dovuta ad una predisposizione genetica.
Sintomi e diagnosi
Dai dolori addominali, alla dissenteria fino al vomito, la sintomatologia associata alle intolleranze alimentari sarebbe piuttosto variabile. I sintomi sono riscontrabili, quindi, a livello prettamente intestinale e solo raramente vengono colpiti altri organi. "Le intolleranze diagnosticabili sono pochissime", spiega ancora Meregalli. Le diagnosi vengono quindi fatte per esclusione: è possibile, infatti, solo dopo aver escluso un'allergia alimentare. L'indagine diagnostica consiste nell'individuazione dell'alimento sospetto e nella sua eliminazione dalla dieta per 2-3 settimane. Successivamente, viene reintrodotto per altre 2-3 settimane e se i sintomi scompaiono durante il periodo in cui viene abolito l’alimento e si ripresentano nel momento in cui viene reintrodotto nella dieta si tratta di una reazione avversa al cibo. Solo a questo punto si verifica se è coinvolto il sistema immunitario e si tratta quindi di un'allergia, o se il disturbo è dovuto, al contrario, a un'intolleranza. Per quanto riguarda la diagnostica della celiachia, invece, oltre ad un prelievo di sangue per verificare la presenza degli anticorpi IgG, è necessaria anche una biopsia dei tessuti.