Il maggioritario premia il partito che ottiene più voti e, in teoria, garantisce maggiore stabilità governativa. Il proporzionale, sulla carta, assicura maggiore rappresentanza. In Italia spesso i due metodi sono stati incrociati dando vita a sistemi misti
Un sistema premia il partito che ottiene più voti e, sulla carta, dovrebbe garantire maggiore stabilità governativa. L’altro sistema assegna i seggi in proporzione alle preferenze e dovrebbe invece assicurare una maggiore rappresentanza alle varie forze politiche, dando vita a un panorama di solito più frammentato. Sono le principali differenze, in estrema sintesi, fra un sistema di voto maggioritario e un sistema di voto proporzionale. Nella storia delle elezioni in Italia, però, spesso i due metodi sono stati mischiati fra loro dando vita a sistemi misti, come accaduto per esempio col Rosatellum, in vigore dal 2018.
Il sistema maggioritario
La differenza fondamentale tra il sistema maggioritario e il sistema proporzionale è nelle modalità di attribuzione dei seggi. Il maggioritario può essere basato su collegi uninominali o plurinominali, ma di solito il primo è il più utilizzato. Nei collegi uninominali si presentano diversi candidati di diversi partiti e l'elettore è chiamato a sceglierne uno solo perché in ogni collegio viene assegnato un seggio. Il più votato viene eletto. La legge elettorale può anche stabilire se sia necessaria la maggioranza relativa, in modo tale da eleggere in un solo turno il candidato con più voti, o la maggioranza assoluta, che potrebbe prevedere anche il secondo turno. Il sistema maggioritario uninominale, di solito, costituisce un vantaggio per i partiti che vincono con uno scarto di pochi voti in molti collegi, mentre sfavoriscono quelli che vincono con un gran numero di voti. In teoria, il sistema maggioritario dovrebbe consentire ai vincitori delle elezioni di poter governare per tutta la durata della legislatura.
Il sistema proporzionale
Nel sistema proporzionale, i seggi invece vengono distribuiti ai partiti o alle liste in proporzione, appunto, ai voti ottenuti. In termini generali, nel proporzionale, si divide il numero dei voti validi per il numero dei seggi a disposizione, ottenendo in questo modo un “quoziente elettorale” che corrisponde a un seggio. In base al quoziente si ottiene il numero di seggi spettanti a ogni partito o lista. Il territorio oggetto delle elezioni in questo caso viene generalmente suddiviso in circoscrzioni plurinominali. Il sistema proporzionale prevede anche una o più soglie di sbarramento sotto la quale non viene attribuito alcun seggio. A differenza del maggioritario, il proporzionale può prevedere l'assegnazione di un premio di maggioranza ai partiti o alle liste vincitrici della tornata elettorale. Un meccanismo quest'ultimo per assicurare maggiore stabilità alla maggioranza. Il proporzionale, infatti, se di per sé dovrebbe dar vita a governi più rappresentativi ha contemporaneamente il limite di creare un esecutivo spesso instabile.
Storia dei sistemi elettorali in Italia
Ecco, dal Portale storico della Camera dei deputati, un excursus sintetico dei sistemi elettorali in Italia dal 1848 in poi: maggioritario: uninominale a doppio turno (1848-1880); maggioritario: scrutinio di lista (1882-1890); maggioritario: uninominale (1892-1913); proporzionale (1919-1921); premio di maggioranza (1924); sistema plebiscitario (1929-1934); camera non elettiva (1939); costituente: proporzionale (1946); proporzionale (1946-1993); misto: maggioritario e proporzionale (1994-2005); proporzionale con premio di maggioranza (2006-2016); proporzionale con premio di maggioranza per l’elezione della Camera dei deputati (2016-2017); misto: maggioritario e proporzionale (2018).