Sardegna, il voto dei veleni: cosa cambia per il governo Meloni

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Massimo Leoni

Massimo Leoni

Il risultato premia il centrosinistra di Todde, Conte e Schlein, esce ridimensionato il tocco magico della premier. Avvicina all’irrilevanza l’altra opposizione: quella, tutto sommato, degli ex: Soru, Renzi, Calenda alleati con Più Europa e Rifondazione Comunista forse più per contarsi che per contare

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Il voto dei veleni in Sardegna premia il centrosinistra di Todde, Conte e Schlein. Ridimensiona il tocco magico di Giorgia Meloni. Avvicina all’irrilevanza l’altra opposizione: quella, tutto sommato, degli ex: Soru, Renzi, Calenda alleati con Più Europa e Rifondazione Comunista forse più per contarsi che per contare.

 

I veleni rischiano di diffondersi oltre il voto, soprattutto nel governo e nella maggioranza che lo sostiene. Meloni, Salvini e Tajani lo sanno e giocano d’anticipo. Pranzo a palazzo Chigi, mangiare insieme è – nell’immaginario collettivo – simbolo di armonia. E’ quella che ostentano i tre, una volta fiutata l’aria: dopo le prime schede scrutinate, quelli che sanno sapevano che la strada per Truzzu sarebbe stata in salita. Nella maggioranza – proprio perché è maggioranza – e nel governo – proprio perché è governo – il liberi tutti non si può pronunciare, né agire. Ma certo, Salvini accuserà Meloni – chissà se pubblicamente o no – di aver sbagliato il candidato, e così farà la Lega con Fratelli d’Italia. Rilancerà la battaglia per il terzo mandato, che ha molto a che fare con il futuro del governatore del Veneto, Luca Zaia, ma anche con quello del segretario del Carroccio. Anche questa non è una battaglia che vede la maggioranza unita. Per il Presidente del Consiglio sarà tutto un po’ più difficile.

Tra i due litiganti...

Chissà se tra i due litiganti, Forza Italia avrà qualche vantaggio. Difficile prevedere: se ne saprà di più con la scelta definitiva del candidato per la Basilicata. Si vota il 21 aprile. Se sarà Vito Bardi sarà, ancora una volta, contro il parere della Lega. Un bel rischio. Prima ancora, l’Abruzzo. Il 10 marzo. Qui non c’è un problema di candidato. C’è Marco Marsilio, presidente uscente, uomo vicinissimo a Giorgia Meloni. Qui il rischio è che l’uomo parte nettamente favorito. Quindi c’è da perdere, molto. Dal 22 aprile, si capirà tanto del futuro del governo e della maggioranza. Due vittorie, calmerebbero di molto le acque. Altri risultati, no. E saremo a un paio di mesi dalle europee. Elezioni e campo di battaglia proporzionale, che sottolineerà identità e differenze.

Il campo largo

I veleni il campo largo invece li ha vissuti prima. Soru poteva essere una spina mortale nel fianco di Conte e Schlein. Ha invece, al momento, evidenziato la scarsa rilevanza – in Italia e in particolare sui territori – di un centro che la politica a intervalli regolari vagheggia e l'elettorato, altrettanto regolarmente, ignora. Conte vince bene. Impone un metodo e un candidato. Guadagna una governatrice, prima volta per i Cinquestelle e prima volta, pure per una donna in Sardegna. Userà la vittoria per la primazia nell’opposizione. Non senza difficoltà, però. I numeri rispetto al Pd sono molto distanti. Anche Schlein vince, in un altro modo. rischiava di più: ha scelto di non fare le primarie in favore della candidata a Cinquestelle. La dialettica nel partito è aspra, vedi questione terzo mandato. Così Schlein invece guadagna tempo e credibilità. Lo strumento, forse, l’elasticità. Si cede qualcosa per vincere o, quanto meno, essere competitivi. Il segnale che parte dall’isola potrebbe essere un’indicazione importante sul metodo da seguire per il campo largo. O come ama definirlo Conte, il campo giusto.

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