"In questo momento sono ancora sottosegretario alla Cultura", ha precisato il critico d'arte, a soli due giorni dall'annuncio del suo passo indietro rispetto al suo incarico. Poi ringrazia Meloni "per essere stata estremamente sensibile e rispettosa"
"Dimissioni certe, per non essere mutilato dall'Antitrust. Altrettanto certo il mio ricorso al Tar, per accertare la verità. Ma i tempi non sono quelli stabiliti dai modesti Calenda, Napoli o Bonelli". A farlo sapere è Vittorio Sgarbi, dopo l'annuncio del suo passo indietro dalla carica di sottosegretario alla Cultura. "Non sono ancora un ex sottosegretario. Le dimissioni le ho solo annunciate ma le devo ancora negoziare con il governo. La mia agonia sarà lunga", ha inoltre precisato all'emittente di Frosinone Teleuniverso, a margine di un evento alla Bit di Milano, la Borsa Internazionale del Turismo. Poi, ospite di Zona Bianca, su Retequattro, ha anticipato: la lettera di dimissioni "sto finendo di scriverla ed entro oggi la invio alla Meloni ringraziandola per essere stata estremamente sensibile e rispettosa, perché ha detto 'aspetto che l'Antitrust prenda una posizione'. La posizione presa è avversa a me, io adesso faccio ricorso al Tar e devo valutare se il tempo del ricorso mi consente di continuare ad essere sottosegretario, lo deciderà lei. Non l'ho sentita ma la decisione è soltanto sua".
Le critiche
Intanto il caso continua a innescare reazioni. "Questa pantomima indecorosa deve finire. Intervenga Giorgia Meloni. Basta", scrive sui suoi social il leader di Azione Carlo Calenda. "È urgente una presa di posizione della premier Meloni: ne va del decoro delle istituzioni, che non sono un mercato!", scrive su X il coportavoce di Europa Verde-Verdi e deputato di AVS Angelo Bonelli. Il Pd con Irene Manzi ha chiesto che il titolare della Cultura spieghi in Parlamento "i criteri con cui ha attribuito le
deleghe al sottosegretario essendo il ministro a conoscenza della pletora di incarichi e delle numerose posizioni in istituzioni culturali in capo a Sgarbi, puntualmente elencate nella delibera". Duro è stato anche il leader M5s, Giuseppe Conte, che se la prende direttamente con la premier rea, a suo dire, di non essere intervenuta per porre fine ad una situazione che ha "danneggiato l'immagine dell'Italia". Ma la maggioranza continua a mantenere il basso profilo nel tentativo di smorzare le polemiche "È una sua scelta", aveva detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Mentre il ministro Sangiuliano continua a trincerarsi nel più rigoroso silenzio.
Il caso
Sgarbi due giorni fa, il 2 febbraio, aveva annunciato: "Mi dimetto con effetto immediato da sottosegretario del governo e lo comunicherò nelle prossime ore alla Meloni". Sgarbi era stato segnalato nello scorso autunno all'Antitrust dal ministro Sangiuliano e l'organismo aveva aperto un procedimento per l'incompatibilità di alcune sue attività, per lo più di conferenziere, con il suo incarico. L'atto, originato da alcune lettere anonime, sembrava avere un percorso segnato, visto che da subito l'Autorità aveva ravvisato che "dalle prime evidenze" emergevano "elementi" che lo ponevano in contrasto con i dettami della legge Frattini sul conflitto di interessi. La sentenza è stata resa nota venerdì scorso con il conseguente primo annuncio delle dimissioni da parte del noto critico d'arte. L'Antitrust aveva anche reso noto il dispositivo che inchioderebbe Sgarbi alle sue responsabilità, come commenta
qualcuno anche nel centrodestra. Inoltre ci sono le inchieste giornalistiche del Fatto Quotidiano e di Report, contro cui, per altro, Sgarbi, tra gli insulti, ha dato in escandescenza rasentando gesti osceni. E poi ci sono le indagini giudiziarie. I fronti su cui è al centro delle inchieste sono tanti: l'ultimo quello di aver approfittato dell'indigenza di una persona per acquistare a poco, e poi esportato, un Valentin de Boulogne che il critico afferma invece essere una copia. C'è poi la disputa attorno ad un dipinto rubato di Rutilio Manetti, per il quale è indagato per riciclaggio, e quella attorno ad alcuni quadri di grandissimo valore, e quindi che dovevano essere vincolati, della collezione Agnelli. Tutte "menzogne" si difende Sgarbi.