"Si sente in colpa?", chiede la senatrice in una lettera al sottosegretario alla Giustizia
"A lei non interessa nulla il fatto che Matteo, persona con particolari deficit psichiatrici, la sera del 5 gennaio sia stato trovato morto impiccato nella cella di isolamento". Sono le parole rivolte in una lettera al sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro dalla senatrice Ilaria Cucchi.
La lettera
"Caro sottosegretario le confesso che io, a differenza sua - scrive Cucchi - mi sento tanto in colpa. Perché la madre di quel ragazzo aveva cercato di contattarmi riuscendo a parlare con me al telefono alle 14 di quel maledetto giorno. Ho fatto mie quelle preoccupazioni. Stavo preparando le valigie per fare ritorno a Roma ripromettendomi che alla ripresa del mio lavoro, la prima cosa che avrei fatto sarebbe stata quella di contattare il carcere e il Dap. Non ho fatto in tempo: Matteo Concetti è deceduto alle 20 di quello stesso giorno in cui sua madre aveva parlato con me. Mi sto chiedendo se avrei potuto fare qualcosa per salvarlo". "Il sindacato di Polizia Penitenziaria, puntuale come sempre, fa sapere che nei giorni precedenti Matteo aveva aggredito un agente. Ma era un malato psichiatrico con tanto di amministratore di sostegno, caro sottosegretario, le interessa tutto questo? Si sente in colpa come titolare delle funzioni istituzionali che riveste o quantomeno come uomo? Onestamente non credo. Lei e soltanto lei, oggi, dovrà rispondere su questa tragedia. Ma non mi aspetto nulla da parte sua. Sono note le sue vibranti prese di posizione per abolire la legge che punisce la tortura. Io porto il peso di questa immane tragedia. Sicuramente vive meglio lei, tra feste, cene e proclami. Farei a cambio con Lei? No grazie. Preferisco la mia vita".
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"Fallimento del sistema carcerario"
La morte del giovane, ha detto Cucchi, "ci racconta il fallimento del sistema carcerario. La sua è stata una morte preannunciata, rispetto alla quale nessuno, di coloro che hanno avuto a che fare con lui nei giorni della sua detenzione, ha avuto il buonsenso di mettere in essere tutte quelle buone norme per evitarla". Il ragazzo, ricostruisce una nota di Sinistra Italiana Marche, è stato trovato morto la sera del 5 gennaio 2024 "nella cella di isolamento nel carcere di Ancona Montacuto dove era stato rinchiuso. Davanti ai genitori e agli operatori, venerdì aveva minacciato il suicidio se l'avessero condotto in isolamento". Poco dopo "è stato trovato morto".
"Se il rapporto fra detenuti e personale di Polizia Penitenziaria è di 1,67%, e la carenza di personale è del 20%, - si legge nella nota - il settore pedagogico soffre di una carenza del 35% sempre sugli organici previsti; a fronte di un'ampia proposta di attività pedagogiche da parte del volontariato. Cifre che parlano dei mancati investimenti nella Giustizia, che dovrebbe rappresentare il grado di civiltà di un Paese e che sempre più viene, invece, considerata un fastidioso ingombro di persone, spesso colpevoli di piccoli reati, commessi in situazioni di disagio sociale".
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La madre: "Lo Stato me lo ha ammazzato"
La madre del 23enne, Roberta Faraglia, riferisce quanto le aveva detto il figlio durante la detenzione: "Mamma, mi devi portare fuori di qui. Non ce la faccio più. Devi chiamare Ilaria Cucchi, qua mi fanno fare la fine di Stefano". "Se solo gli avessi dato ascolto quindici giorni fa, chissà, forse sarei riuscita a portarlo fuori da quell'inferno dove me l'hanno ucciso - dice la donna a Repubblica - Cucchi l'ho chiamata ma solo venerdì, poche ore prima che Matteo si uccidesse".
"Mio figlio aveva un disturbo psichiatrico accertato, era bipolare, in carcere non ci poteva stare. Tantomeno in isolamento, senza nessuno che lo controllasse, impaurito e agitato com'era. Venerdì mattina, nell'ultimo colloquio che abbiamo avuto, lo ha detto a me e a suo padre davanti alle guardie e a un avvocatessa: 'Mamma, mi ha detto, se mi riportano giù in isolamento mi impicco'. Io ho chiesto aiuto a tutti, nessuno mi ha dato ascolto e hanno lasciato che si suicidasse". "Ho chiesto rassicurazioni alle guardie, le ho implorate che non lo lasciassero solo. Ho chiesto aiuto all'infermiere che era venuto per dargli una terapia che non gli hanno invece voluto far prendere, ho chiesto di poter parlare con il medico. 'Oggi non c'è nessuno, non possiamo aiutarla', mi hanno risposto. Ho chiamato il cappellano, gli avvocati, il tutore che gli era stato nominato. Nessuno mi ha ascoltato. 'C'è il weekend di festa, poi ne parliamo'". "Come si è impiccato? Gli avevo portato delle patatine, degli affettati e non me li hanno fatti entrare per motivi di sicurezza - racconta - Quando sono entrata in carcere mi hanno fatto togliere la cintura del cappotto. E lui invece è riuscito ad impiccarsi in cella. Come è possibile? Ma adesso denuncio tutti. Denuncio il carcere e lo Stato che me lo ha ammazzato".