Discorso Mattarella, più che un bilancio uno sguardo al 2024

Politica
Pierfrancesco Ferrara

Pierfrancesco Ferrara

Tanti i temi toccati nel tradizionale messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica, il nono per Sergio Mattarella: dalla guerra e la necessaria cultura della pace, all’evasione fiscale danno per la comunità, dalla violenza sulle donne all’appello ai giovani, fino all’invito alla partecipazione democratica

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Più che un bilancio dell’anno appena trascorso è stato uno sguardo ai mesi che verranno. Sfide difficili che ci sono e non vanno negate. Sergio Mattarella non nasconde preoccupazione per le incognite che sono davanti a noi, che attendono il Paese. Ma accanto alla fiducia -spiega- servono unità e coesione. È un appello alla partecipazione il suo, all’impegno civico. Dal voto alle attività concrete. Un no all’indifferenza e alla rassegnazione. 

In piedi, nella loggia alla Vetrata, al piano terra della parte più antica del Quirinale, con l’albero di Natale sullo sfondo, Sergio Mattarella affronta uno dopo l’altro tutte le questioni aperte da quelle internazionali a quelle interne, dai temi di attualità alle sfide, appunto, per l’Italia e gli italiani. 

L’appuntamento del messaggio di fine anno, infatti, il nono per l’attuale Capo dello Stato, a differenza degli altri interventi istituzionali di dicembre (dagli auguri al Corpo diplomatico a quelli alle Alte Cariche istituzionali, fino al saluto ai contingenti militari impegnati all’estero), è tradizionalmente rivolto agli italiani. Un filo diretto con i cittadini … i concittadini come ama chiamarli Mattarella.

La preoccupazione per le guerre in corso

È forte la preoccupazione per lo scenario internazionale e le sue ricadute sociali, umanitarie ed economiche. L’appello è a non abituarsi agli orrori dei conflitti. Dalla vicina Ucraina a quello in Medio Oriente, fino alle recenti minacce di guerra in Asia e nel Pacifico. “La guerra -dice il Presidente- genera odio che resta poi nel tempo, nasce dal rifiuto di riconoscersi reciprocamente”. Per questo la cultura della pace dev’essere prioritaria tra i cittadini… fin dalle piccole quotidianità. “La guerra genera odio. E l’odio durerà, moltiplicato, per molto tempo, dopo la fine dei conflitti”. Di qui l’analisi che vede l’origine dei conflitti nel rifiuto di riconoscersi tra persone e popoli come uguali. E nel pretesto del proprio interesse nazionale.

Il rischio è abituarsi all'orrore

“Il rischio, concreto, è di abituarsi a questo orrore. Alla tragica contabilità dei soldati uccisi. Reciprocamente presentata menandone vanto. Soldati -ricorda ancora Mattarella- che rappresentano vite spezzate, famiglie distrutte. Una generazione perduta”. Macerie, non solo fisiche, che pesano sul nostro presente. E graveranno sul futuro delle nuove generazioni. 

Serve una cultura di pace

La guerra non nasce da sola, ma dalla mentalità che si coltiva, avverte il Presidente che spiega come, per questo, sia indispensabile fare spazio alla cultura della pace, a una mentalità della pace: il che -specifica-  non è astratto buonismo ma realismo.

La cultura del dialogo

Il filo conduttore appare chiaro nel lungo e articolato discorso del Presidente, ed è quello della cultura del dialogo, del confronto …sancito per il nostro Paese nella Costituzione, nello spirito della nostra Carta. Di qui l’appello a partecipare. Attivamente. Con il voto, superando l’astensionismo, ma anche sul piano sociale, perché -dice- nel pieno di un passaggio epocale che stiamo vivendo, “possiamo dare tutti qualcosa al Paese. Qualcosa di importante. Con i nostri valori. Con la solidarietà di cui siamo capaci”. Ma, avverte, partecipare attivamente significa esserci, votare non rispondere a un sondaggio, o stare sui social. Un messaggio che pare rivolto a tutti, istituzioni politiche, sociali e cittadini.

La pessima tendenza a identificare avversari e nemici

Proprio sui social corre troppo odio, troppa rabbia, con una tendenza -nota Mattarella- a identificare avversari o addirittura nemici. Verso i quali praticare forme di aggressività. Tutte modalità che distraggono o aggravano la difficoltà di occuparsi efficacemente dei problemi e delle emergenze quotidiane di cittadini e famiglie: dal lavoro che manca alle differenze di retribuzione, alle disparità.

Forza Repubblica è unità, non potere imposto

Per questo va superata l’indifferenza. Per questo serve partecipare attivamente: e ciò significa anche fare squadra, comunità. Del resto la forza della Repubblica è la sua unità. Ma -ricorda poi il Presidente- non come risultato di un potere che si impone, bensì come modo di essere, fatto di valori fondanti quali solidarietà, libertà, uguaglianza, giustizia, pace. Tutti valori della nostra Costituzione e che appartengono all’identità stessa dell’Italia. Sfide difficili davanti a noi che si possono vincere ma stando insieme, quindi.

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Cure sanitarie e liste attesa inaccettabili

Ci sono però nelle parole del Presidente non solo concetti ma anche molti esempi concreti, di vita quotidiana, di quelle emergenze vissute da famiglie e cittadini. A cominciare dai diritti riconosciuti dalla Costituzione. Come nel caso delle cure sanitarie, delle difficoltà che si incontrano, e delle liste d’attesa per visite ed esami, in tempi -stigmatizza- troppo lunghi. Così come per il diritto allo studio dei ragazzi, che vanno aiutati a realizzarsi, ma che incontrano troppi ostacoli a cominciare dai costi di alloggio nelle grandi città universitarie, improponibili per la maggior parte delle famiglie.

Giovani disorientati, società ha bisogno di loro

Anziani da proteggere e ascoltare come risorsa di saggezza e giovani da aiutare perché spesso si sentono fuori posto, estranei a questo mondo, disorientati verso una realtà che disconosce le loro attese… quando invece una società dinamica come quella attuale ha sempre più bisogno di loro. Insomma i fragili del presente e i rappresentanti del futuro della società accomunati dalla distanza verso quei diritti da garantire.

Evasione fiscale ostacola sviluppo

Anziani da proteggere e ascoltare come risorsa di saggezza e giovani da aiutare perché spesso si sentono fuori posto, estranei a questo mondo, disorientati verso una realtà che disconosce le loro attese… quando invece una società dinamica come quella attuale ha sempre più bisogno di loro. 

Insomma i fragili del presente e i rappresentanti del futuro della società accomunati dalla distanza verso quei diritti da garantire.

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