Concluso l'esame degli emendamenti alla proposta di legge. Il testo è atteso in Aula per il 6 novembre. L'ipotesi di modifica prevede una sospensione della prescrizione per 24 mesi dopo la sentenza di condanna in primo grado e per 12 mesi dopo la conferma della condanna in Appello
La Commissione Giustizia della Camera ha concluso l'esame degli emendamenti alla proposta di legge sulla prescrizione in seduta notturna. È passata anche la proposta di modifica messa a punto dalla maggioranza e presentata poi dai relatori Enrico Costa (Az) e Andrea Pellicini (FdI). Il primo emendamento che portava la firma dei tre capigruppo del centrodestra in Commissione, ma che non convinceva FI, è stato invece ritirato. Oggi si darà il mandato al relatore e il testo è atteso in Aula per il 6 novembre.
La proposta di modifica
La proposta di modifica che è stata approvata era il frutto del secondo e ultimo accordo raggiunto tra i responsabili Giustizia della maggioranza: il sottosegretario Andrea Delmastro (FdI), la presidente della Commissione Giustizia del Senato Giulia Bongiorno (Lega) e il viceministro Francesco Paolo Sisto (FI). L'aspetto principale della modifica, se il provvedimento diventerà legge, è la previsione di una sospensione della prescrizione per 24 mesi dopo la sentenza di condanna in primo grado e per 12 mesi dopo la conferma della condanna in Appello. Se la sentenza di impugnazione non interverrà nei tempi previsti, la prescrizione riprenderà il suo corso e si calcolerà anche il precedente periodo di sospensione. Anche in caso di successivo proscioglimento o di annullamento della condanna in Appello o in Cassazione, il periodo in cui il processo è stato sospeso si calcolerà ai fini della prescrizione. E', insomma, un ritorno sostanziale alla legge che venne approvata quando Andrea Orlando (Pd) era ministro della Giustizia. Un cambiamento radicale rispetto al testo Pittalis che riproponeva di fatto un ritorno alla legge ex-Cirielli che, approvata nel 2005, accelerò drasticamente i tempi della prescrizione. Nel 2017, Orlando provò ad allungare di nuovo i tempi prevedendo di fatto un bonus di 2 anni per il giudizio in Appello e di un anno per la Cassazione. Ma la norma non riuscì mai ad esplicare i suoi effetti perché nel 2019 il nuovo Guardasigilli, Alfonso Bonafede (M5S), fece un'altra riforma secondo la quale la prescrizione non si calcolava più dopo una sentenza di primo grado o un decreto di condanna. Nel 2021, la nuova ministra della Giustizia, Marta Cartabia, cambiò di nuovo le cose stabilendo che non ci fosse alcun limite di tempo in primo grado, ma il processo d'Appello non poteva durare più di 2 anni, mentre il tetto per il giudizio in Cassazione era di un anno. Per le controversie più complesse si può arrivare al massimo a 3 anni in Appello e a 18 mesi in Cassazione. Ma adesso cambia tutto di nuovo e si ritorna all'impostazione della riforma Orlando. Tra i dubbi che avanza l'opposizione c'è quello che la normativa Cartabia era stata concordata con la Commissione Ue ed è di fatto legata al Pnrr.