L'Associazione nazionale magistrati definisce "pesantissima" l'accusa arrivata da Palazzo Chigi sulle vicende giudiziarie che hanno coinvolto la ministra Santanchè e il sottosegretario Delmastro. La premier rimane però determinata a procedere con la riforma della giustizia
È scontro tra magistratura e governo. Un'accusa "pesantissima", che "delegittima" la magistratura e la colpisce "al cuore", quella rivolta a una parte dei giudici di "schierarsi faziosamente nello scontro politico". Dopo due giorni di silenzio, l’8 luglio, l'Anm ha reagito all'attacco dell’esecutivo - suscitando la "sorpresa" del governo - sulle vicende giudiziarie che hanno coinvolto la ministra Daniela Santanchè e il sottosegretario Andrea Delmastro.
La posizione dell'Anm
L’Anm chiede rispetto per l'indipendenza dei giudici e per la separazione dei poteri e rivendica il "dovere" di far sentire la propria voce sulle riforme che riguardano la giustizia e che non possono essere brandite come "misure punitive", come sembra fare la maggioranza premendo l'acceleratore sulla separazione delle carriere. "Non vogliamo alimentare lo scontro, lo stiamo subendo”, assicura il leader delle toghe Giuseppe Santalucia, spiegando che i magistrati non possono però tacere "quando si tratta di difendere la Costituzione".
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Meloni vuole andare avanti con riforma della giustizia
Il centrodestra la pensa diversamente: bisogna rendersi conto che il problema delle interferenze di alcune iniziative giudiziarie sull'attività della politica riguarda tutti, centrodestra e centrosinistra, e in 30 anni ha colpito tutti i governi, qualunque fosse l'orientamento, spiega il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano. E su questa linea si muove la premier Giorgia Meloni che "non cerca polemiche”, ma rimane determinatissima ad "andare avanti con la riforma della giustizia".
La variabile Mattarella
In questo quadro, il caso Delmastro (con la richiesta di ingiunzione coatta) e la vicenda che riguarda la ministra Santanchè, per Giorgia Meloni - ribadiscono fonti qualificate di palazzo Chigi - sono emblematiche in negativo, da un lato per l'assurdità delle procedure, nel secondo caso perché c'è stata una sortita contro il Parlamento. In tutto ciò resta la variabile Mattarella - si valuta ancora in ambienti della maggioranza - anche se in questo momento nessuno sembra in grado di prevedere se e quando il Capo dello Stato, che è anche presidente del Csm, potrebbe intervenire e, soprattutto, su quale direttrice.