Giulio Andreotti, 10 anni fa la morte del leader Dc che fu 7 volte premier. La sua storia

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Alle 12:25 del 6 maggio 2013, all'età di 94 anni, se ne andava una delle figure politiche più longeve e divisive della storia della Repubblica italiana. C'era chi lo chiamava "Il Divo" e chi "Belzebù", a prova della sua capacità di dividere elettorato e opinione pubblica. L'infanzia, la Chiesa, Palazzo Chigi, il compromesso storico, l'omicidio Moro, i processi per favoreggiamento alla mafia: chi era Giulio Andreotti

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Alle 12:25 del 6 maggio 2013 se ne andava Giulio Andreotti. Era nato il 14 gennaio 1919, a Roma. Negli anni, con la Democrazia Cristiana, sarebbe diventato sette volte presidente del Consiglio e 21 volte ministro (34 contando gli incarichi ad interim). Nella storia dell’Italia Repubblicana, solo Silvio Berlusconi ha passato più tempo a Palazzo Chigi di lui. Qualcuno lo chiamava “Il Divo Giulio”, altri lo avevano battezzato “Belzebù”, a prova della sua capacità di dividere elettorato e opinione pubblica. Leader della Dc tra i più votati nella storia, per decenni è stato al centro di incessanti polemiche, tra cui quelle sui suoi rapporti con esponenti della mafia siciliana. Statista, ma anche giornalista e scrittore, a lui si devono alcune massime entrate nel linguaggio comune, a partire da “a pensare male si fa peccato ma di solito ci si indovina”. 

L’infanzia, la FUCI e la strada verso la politica

Andreotti, ultimo di tre figli, era nato da un padre che di mestiere faceva il maestro elementare e che morì appena tre anni dopo la sua nascita. Alla formazione classica – studia nei celebri Licei Tasso e Visconti di Roma – da subito accosta quella religiosa, in parrocchia e nel mondo dell’associazionismo cattolico. Mentre si laurea in Giurisprudenza, che finirà con una tesi in diritto canonico, viene eletto presidente della Fuci, la federazione degli universitari cattolici, prendendo il posto di Aldo Moro, chiamato alle armi nel 1942. C’è chi dice che fu Papa Pio XII a volere Andreotti alla guida della Fuci. Questi sono anni fondamentali per preparare la strada che lo porterà a diventare il politico che conosciamo: oltre a Moro, Andreotti conosce Alcide de Gasperi, con cui partecipa alle riunioni clandestine per quella che diventerà la Dc. Intanto, non potendo andare a combattere al fronte – la visita medica precedente al servizio militare glielo aveva vietato a causa di un fisico troppo debole – scrive per La Rivista del Lavoro, di propaganda fascista, e per Il Popolo.

L’ascesa nella Dc e la Corrente Primavera

L’appoggio di De Gasperi porta Andreotti a diventare delegato dei Gruppi giovanili Dc. Poi, nel 1945, è designato componente della Consulta Nazionale. Nel 1946 è tra i membri più giovani dell’Assemblea Costituente. Un anno dopo arriva il primo ruolo di governo, come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega allo spettacolo. Manterrà la stessa posizione, con deleghe diverse, fino al 1953, quando a capo dell’esecutivo arriva Giuseppe Pella. Nel 1954 Andreotti sale di livello e per la prima volta gli viene affidato un Ministero, quello dell’Interno, nella breve esperienza del governo Fanfani. Poco dopo è a capo delle Finanze. Ma il 1954 è un anno importante anche per un altro motivo. La morte di De Gasperi spinge Andreotti a crearsi una corrente autonoma tra i democristiani. Sarebbe diventata l’ala più conservatrice e clericale, antagonista di chi - come Moro e Fanfani – era più vicino alla sinistra. La chiamano "Corrente Primavera". Nel 1959 Andreotti diventa per la prima volta ministro della Difesa. Lo sarà per sette anni. 

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I governi Andreotti, il compromesso storico, l’omicidio Moro

Nel 1972 nasce il primo governo Andreotti. Non fu esattamente un successo: dopo nove giorni dovette dimettersi perché le Camere non gli avevano votato la fiducia. A oggi, rimane il governo più breve di sempre. Le successive elezioni gli consegnano di nuovo la guida dell'esecutivo, forte dei 600mila voti ottenuti. Finita anche questa esperienza, dopo altri incarichi ministeriali, Andreotti diventa uno dei nomi chiave per il compromesso storico con cui i democristiani e i comunisti provano a chiudere alle spinte estremiste. Arriva così al suo terzo governo, in carica dal 1976 al 1978. Quello sarà un anno difficilissimo: il 16 marzo, mentre il Parlamento votava la fiducia a quello che diventava il quarto governo Andreotti, fu rapito Aldo Moro, poi ucciso il 9 maggio. Nel 1979 anche questo esecutivo volge al termine, ma anche quello successivo (marzo-agosto 1979) è sotto la guida di Andreotti. Tra il 1979 e il 1983 non ricoprirà più alcun incarico di governo.

Gli anni ’80 e ‘90

Nel 1983 Andreotti è ministro degli Esteri del primo governo Craxi, nonostante i rapporti tra di due non fossero mai stati distesi. Fu proprio il leader dei socialisti, si dice, a dare ad Andreotti il soprannome “Belzebù”. In ogni caso, grazie alla solida esperienza politica dei decenni trascorsi, il ruolo di capo della Farnesina sarebbe rimasto ad Andreotti anche nei successivi esecutivi, fino al 1989. Erano anni importanti per la politica internazionale: i rapporti tra Urss e Stati Uniti si stavano man mano distendendo. Non andava affatto bene invece la relazione tra Craxi e la Dc di De Mita. Andreotti assume così il ruolo di mediatore, fino a quando l’intesa che la stampa ricorda come il triangolo CAF, Craxi-Andreotti-Forlani, fece cadere proprio De Mita. Nasce il sesto governo Andreotti, in piedi fino al 1991, seguito dal settimo e ultimo, concluso nel 1992. Intanto viene nominato senatore a vita dal presidente della Repubblica Cossiga. 

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I processi

Il 27 marzo 1993, Andreotti riceve un avviso di garanzia: i pm di Palermo lo accusano di aver favorito la mafia. Poche settimane dopo ne arriva un altro, che lo vede indagato nel ruolo di mandante dell’omicidio del giornalista Mino Pecorelli. Se il secondo processo si concluderà con assoluzione con formula piena – Andreotti non ha mai commesso il fatto – il filone giudiziario per mafia ha lasciato aperte più ombre. Rinviato a giudizio a Palermo per associazione a delinquere, Andreotti viene assolto nel 1999 in primo grado. In appello, nel 2003, l'assoluzione viene invece confermata solo per i fatti posteriori alla primavera del 1980, ritenendo che prima di allora l'imputato dimostrò un'amichevole disponibilità nei confronti di Cosa Nostra, ma il reato era ormai prescritto. La sentenza viene confermata nel 2004 dalla Cassazione, che – tra le altre cose – ha ritenuto che Andreotti fosse a conoscenza delle intenzioni della mafia di uccidere il Presidente della Sicilia Piersanti Mattarella. Negli anni, Andreotti è stato al centro di molte altre polemiche. Si ricordano ad esempio quelle sui suoi rapporti con la Loggia P2.

Gli ultimi anni

Anche a causa delle ombre che avevano macchiato la sua reputazione, nel 1992 – l'anno della strage di Capaci – il nome di Andreotti fu scartato dalla corsa al Quirinale, che quell’anno vide poi eletto Oscar Luigi Scalfaro. Politicamente, dopo la fine della Dc (1994), Andreotti entra nel Partito Popolare Italiano. Nel 2001 fonda la Democrazia Europea, confluita nell’UDC l’anno seguente. Nel 2006 il centrodestra lo vuole come presidente del Senato, ma il ruolo va a Franco Marini. Quattro mesi dopo aver compiuto 94 anni, il 6 maggio 2013, Andreotti si spegne a Roma. È sepolto al Cimitero Monumentale del Verano, sempre nella Capitale.

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