Le nomine ai vertici dei telegiornali della Rai nascondono in realtà l'idea che si stiano creando equilibri inediti in vista dell'elezione del Capo dello Stato a fine gennaio. Una prospettiva che spaventa il leader dei 5Stelle, a suo dire escluso dalla partita delle nomine Rai.
Lo strappo sulla Rai rilancia le tensioni nella maggioranza e getta una luce ancor più incerta sulla grande partita del Quirinale. Pesa la clamorosa contestazione dei vertici 5 stelle, che hanno annunciato di voler disertare la tv pubblica. Lo ha imposto il leader Giuseppe Conte, che d'ora in poi affiderà la comunicazione del movimento solo ai canali social del M5S e alle reti concorrenti.
Uno strappo dell'ex premier nei confronti della Tv di Stato, rea, a suo dire, di aver gestito il manuale Cencelli delle nomine alle direzioni delle testate 'dimenticandosi' della forza di maggioranza relativa. Ma per Conte i problemi non si fermano qui. L'ex premier è tornato nel mirino dei suoi avversari interni. I vertici del M5S, ragionano diversi parlamentari pentastellati, mettono in campo questa strategia diversiva proprio per cercare di fronteggiare la debacle del Movimento nella partita Rai.
Gli avversari interni
Al centro dell'attenzione poi anche il ministro degli esteri, Luigi di Maio, che si è tenuto fuori dalla contestazione alle nomine Rai. Di Maio aveva in passato incontrato il presidete Fuortes, a differenza di Conte che non è mai stato ricevuto. Ennesimo esempio di un dualismo sempre più marcato nel partito.
La sfida per il Quirinale
Ma è evidente che la partita Rai preoccupa l'ex presidnete del consiglio soprattutto perchè sullo sfondo si intravede quella per il Quirinale, con i 5 Stelle che - lo ricordiamo - sono il gruppo più numeroso in Parlamento.
Con la Lega accontentata con la cofnerma di due direzioni, il Pd altrettanto e la soddisfazione pure di Fratelli d'Italia, sembrano disegnarsi scenari ed equilibri nuovi in vista del voto di fine gennaio, a partire dall'andamento dei rapporti di forza tra il premier Draghi e i leader dei partiti che sostengono il suo governo.
Dunque la partita vera non è a viale Mazzini, seppur azienda ritenuta strategica. Il vero nodo è quello degli equilibri in vista del voto di fine gennaio che potrebbe isolare, o peggio, smembrare il M5s. Anche per questo Grillo tace. E lascia che i due attori in campo, Conte e Di Maio, facciano il loro gioco.
Le variabili
Le variabili sono molte, le certezze poche. Di certo Palazzo Chigi ha dimostrato di non subire particolarmente le pressioni dell'ex premier che fino all'ultimo ha cercato di sostituire Monica Maggioni alla giuda del Tg1. Ma soprattutto Conte voleva un ricollocamento di spessore per il suo uomo, Giuseppe Carboni, che invece rimane al momento senza un'occupazione.
La lottizzazione
"L'amministratore delegato Fuortes aveva il potere di scegliere e ha scelto di sottrarsi al confronto istituzionale. Nel merito poi aveva varie possibilità ed ha scelto invece la vecchia logica delle istanze dei partiti politici, scegliendo però di escludere il partito di maggioranza relativa, quello che rappresenta 11 milioni di elettori". Così il leader M5s in una dichiarazione alla stampa dove aggiunge: "come M5s ci chiediamo che ruolo ha avuto il governo in tutto questo". Questa, ha aggiunto, "si chiama lottizzazione". Il coro di voci polemiche si alza soprattutto dall'interno del movimento, con qualcuno che fa notare come i 5 stelle siano nati per superare la lottizzazione della tv di Stato e ora decidano di disertare le trasmissioni Rai perchè non ne hanno fatto parte.
"Le logiche della lottizzazione, che da tempo guidano il servizio pubblico" comemntano i pentastellati "non ci piacciono e non ci sono mai piaciute. Anche noi ci siamo ritrovati prigionieri di questo sistema che abbiamo denunciato molte volte, ma non abbiamo numeri sufficienti per modificarlo come abbiamo già proposto. Un nostro disegno di legge, però, è stato incardinato in Commissione in Senato, per intervenire sulla governance della Rai e liberarla finalmente dall'influenza della politica".
Gli altri partiti
Soddisfatto invece Matteo Renzi che ha sempre mantenuto ottimi rapporti sia con Monica Maggioni (che compare anche nell'inchiesta Open), sia con Orfeo (ora alla direzione degli approfondimenti).
Sorride anche Matteo Salvini che conferma due direttori in quota lega, Giuliano Sangennaro al Tg2 e Alessandro Casarin alla Tgr. Anche Fratelli d'Italia non si lamenta dopo aver ottenuto la direzione di Rainews con Paolo Petracca.
Il Pd conferma il Tg3 (con Simona Sala), il Tg1 (con Monica Maggioni) e gli approfondimenti (con Orfeo) anche se nell'idea di Palazzo Chigi queste sono nomine da dividere con i pentastellati. Un'interpretazione che però non è condivisa da Conte.
Dallo staff del governo fanno sapere che sono stati ascoltati tutti i partiti, anche il M5S.