Decreto sicurezza e immigrazione: di cosa si discute

Politica

Giorgia Finesi

Prosegue lo scontro tra sindaci "dissidenti" e Matteo Salvini sul decreto sicurezza nella parte relativa ai migranti. Alcune Regioni annunciano ricorso alla Consulta, i punti principali del dibattito.

Uno scontro politico che rischia di diventare scontro istituzionale. Prosegue il dibattito tra i sindaci e Matteo Salvini. Sindaci “ribelli”, “di sinistra”, “dissidenti”, diversi gli appellativi che, negli ultimi giorni, si sono guadagnati gli amministratori locali contrari al dl sicurezza. Ma quali sono i motivi della protesta? Quali sono i punti contestati del decreto?

I punti contestati dai sindaci

Al centro della rivolta c'è innanzitutto l'articolo 13 del decreto, con cui si stabilisce che il permesso di soggiorno rilasciato al richiedente asilo costituisce sì un documento di riconoscimento, ma non è più sufficiente per iscriversi all'anagrafe e avere la residenza. I comuni, quindi, non possono più rilasciare a chi ha un regolare permesso la carta d'identità e i servizi, come l'iscrizione al Servizio sanitario nazionale o ai centri per l'impiego. Ma alla base della disobbedienza c'è anche la cancellazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari. L'eliminazione-con poche eccezioni-  del permesso umanitario implicherebbe, secondo i sindaci, un forte aumento del numero di stranieri, che resterebbero sul territorio da irregolari con una conseguente- probabile- crescita dei reati e dell’insicurezza nelle città.

La reazione del ministero dell'Interno

Il ministero, con una nota, chiarisce i punti contestati, nello specifico quelli riguardanti l’iscrizione all’anagrafe e le relative misure di integrazione. Matteo Salvini va avanti, attacca senza mezze misure i sindaci disobbedienti: “Ne risponderanno personalmente, penalmente e civilmente, perché è una legge dello Stato che mette ordine e regole''.

L’intervento delle Regioni

Il reato che potrebbe essere contestato è l’abuso in atti di ufficio, aggravato dal fatto che i sindaci, in materia di stato civile, sono anche ufficiali di governo. Ostacolo che potrebbe essere aggirato se a chiedere il giudizio della Consulta fossero le regioni, che, a differenza dei Comuni, possono presentare ricorsi diretti alla Corte quando ritengono che una legge statale abbia invaso materie su cui hanno competenza.

Enrico Rossi, governatore della Toscana, ha annunciato il ricorso, con lui altri Presidenti di Regione schierati a sinistra, come annunciato da Chiamparino a SkyTG24. Per i tempi si va da 6 mesi ad un anno. Intanto il 10 gennaio, si riunisce il comitato direttivo dell’Anci. Il decreto sicurezza è uno dei punti all’ordine del giorno

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