Dentro o fuori, il dilemma di Renzi

Politica

Massimo Leoni

Il cuore lo porta via dal Pd, i sondaggi lo spingono a restare. Ma Minniti non è più il prescelto. E al suo posto...

Tutto sembra indicare disaffezione, allontanamento, distacco. La testa su un altro progetto. Roba sua, roba nuova. L’assenza all’assemblea generale. Le dirette facebook, senza (quasi) mai nominare il partito. La valanga di tweet quotidiani, che compongono una visione personale del mondo, ma anche personali battaglie politiche. Il progetto dei comitati civici, un po’ dentro e un po’ fuori dal Pd. Paralleli, tendenti alla divergenza. Poi, il viaggio a Bruxelles. Dove, certo, incontra i parlamentari democratici. Ma anche Margrethe Vestager, leader dei liberali, schieramento alternativo ai socialisti, almeno fino all’avvento dei vari sovranismi. Insomma, si dice, Renzi è in viaggio. Dal partito democratico verso una meta ancora indefinita. “Non mi occupo del congresso del Pd”, dice a chi gli chiede dei dubbi e dell’irritazione di Minniti, della solitudine in cui è precipitato il forse già ex candidato dei renziani. Che non si sognano neppure di tranquilizzare l’ex ministro dell’Interno, anzi. Giacomelli (leggi Lotti, leggi Renzi, leggi giglio magico) scrive in un tweet l’irritazione per le paturnie di Minniti. Quindi, quadro coerente: Renzi e i suoi si sfilano, fanno il loro partito. Forse già per le europee, bel test. C’è però un elemento del quadro che stona. Fino a renderne l’interpretazione molto più complicata. I sondaggi. Che danno una formazione renziana al 6, massimo 7%. Sotto la doppia cifra, sei irrilevante. Renzi lo sa. Esita.

Qualcuno, che conosce molto bene i meccanismi interni del Pd, mi fa notare alcune cose. Innanzitutto che la candidatura di Minniti non è mai stata ben vista dai parlamentari renziani, anche se caldeggiata da amici importanti sul territorio: Giorgio Gori e Matteo Ricci, tanto per fare esempi. I renziani poi, sono molto attivi all’interno del partito, che continua ad essere il loro primo campo d’azione. Esempio? Davide Faraone, renziano di ferro, è candidato alla segretaria del partito in Sicilia e, contemporaneamente, responsabile dei comitati nati con l’ultima Leopolda. Ancora: tra gli uomini e le donne di vertice che sono o sono stati vicini all’ex segretario, praticamente nessuno è stato convinto da Minniti, e non da oggi: pensate a Orfini, Richetti, Serracchiani.

“E lei pensa che i renziani e Renzi, pur in attesa del vagheggiato partito personale, mollino Minniti se non hanno un’alternativa?”, mi domanda il ben informato. Penso che sia difficile, rispondo. Quindi? “Beh, Renzi ha detto ai suoi di non allarmarsi. Per le candidature c’è tempo fino al 12 dicembre. E mi risulta che su Del Rio c’è ancora tanta, tanta pressione. Faccia lei”. Io non faccio proprio niente oltre a riferire il gioco di palazzo. Povero Minniti, però.

Consigli per l’ascolto: “Don’t leave me this way”, The Communards

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