La commissione, il governo e una trattativa piccola piccola

Politica

Massimo Leoni

Svanisce in poche ore la possibilità che la manovra cambi saldi e numeri. E l'Europa la considera destabilizzante come la Brexit

Tre fantasmi si aggirano per l’Europa: le tensioni commerciali globali, la Brexit e la manovra italiana. Chi pensa che noi siamo sempre e comunque italietta, è servito. Contiamo, eccome. I tre fantasmi che minacciano la stabilità dell’economia continentale sono frutto dell’analisi del sempre immaginifico commissario europeo agli Affari economici, il ghostbuster Pierre Moscovici. Che ribadisce le preoccupazioni della commissione, anche di fronte a parole e atteggiamenti del governo italiano che parevano mutati. In realtà, è una trattativa piccola piccola quella che l’esecutivo è disposto a portare avanti con Bruxelles sulla manovra di bilancio. Anche se per qualche ora è sembrata un’altra storia. Che raccontava di una linea Conte-Tria fosse vincente – complice il sabato sera a cena da Junker – su quella Salvini - Di Maio, ammesso che i due vicepremier abbiano un’unica linea.

Qualcosa si è mosso, nelle parole e negli atteggiamenti ma, forse, è troppo poco. “Non ci impicchiamo ai decimali” sembrava significare “ok, scendere dal 2,4 al 2,1% nel rapporto tra deficit e Pil, in fondo non è un problema”. Invece, dopo poche ore, sembra tornato a “noi rimaniamo al 2,4, non fate storie per un paio di decimali in più”. Contemporaneamente, il governo fa sapere che se quota 100 e il reddito di cittadinanza costassero meno, allora si libererebbero risorse. Non per diminuire l’indebitamento ma, casomai, per aumentare la quota di investimenti e far fronte alle tante emergenze. Un tale utilizzo del deficit dovrebbe essere più gradito alla commissione, rispetto a provvedimenti che – certo – sono riforme, ma si trasformano – contabilmente – in odiata (a Bruxelles, ma non dagli elettori) spesa corrente. È troppo poco per fermare la procedura di infrazione, anche per una commissione alla disperata ricerca di un appiglio che eviti le sanzioni. Moscovici, dopo l’allarme, è tornato pecora: “La procedura è sempre una sconfitta per la commissione, continuiamo a trattare ma, al momento, non ci sono i presupposti per evitarla”.

Forse, però, ci sono i presupposti per rallentarla. La rimodulazione in favore degli investimenti potrebbe convincere Bruxelles ad aspettare e vedere se la crescita che il governo si aspetta dà segno di sé nei primi mesi del 2019. E a non dare altri spunti per la campagna elettorale di chi la vecchia Europa vuole mettersela alle spalle, definitivamente. Scommettendo sul fatto che la nuova sarà più indulgente con i conti italiani. Segnali però, non se ne vedono. Bisogna sperare nei moltiplicatori che usano al ministero dell’Economia. Tanto rari che sono gli unici a prevedere la crescita del pil italiano all’1,5%.

Consigli per l’ascolto: “Ghostbusters”, Ray Parker Jr.

Politica: I più letti