Il commissario Moscovici e i venditori di tappeti

Politica

Massimo Leoni

Puntuale, arriva l'affondo del responsabile europeo per gli Affari economici contro il governo. E ancora una volta rischia di essere un problema per tutti: per la Commissione, per i rapporti con l'Italia, per la sua parte politica

È una sgrammaticatura grave quella di Pierre Moscovici. Evocare una trattativa da “venditori di tappeti”, da una posizione alta e istituzionale per eccellenza qual è la sua (Il buon Pierre è commissario agli Affari economici a Bruxelles), offende tanti, e insieme: innanzitutto le parti della presunta trattativa. Quindi, l’Italia e il suo governo (che - comunque la si pensi - è democraticamente eletto e tra l’altro, non sembra soffrire di alcun deficit di consenso), e l’istituzione che Moscovici rappresenta, la Commissione europea. Che, per quanto in scadenza, appare sconsiderato delegittimare via fuoco amico. Da ultimo, e soprattutto perché proviene da uno che si presume anti sovranista, antirazzista e di sinistra, suona pure sgrammaticata e offensiva nei confronti dei venditori di tappeti.

La battuta non fa bene all’Europa, perché tende ulteriormente i rapporti tra la Commissione e il governo di uno stato membro, cosa che dovrebbe essere tutto tranne che nell’interesse dell’esecutivo comunitario. E lo fa alla vigilia dell’incontro tra Junker e Conte, lasciando intendere chi dovrebbe vendere tappeti e chi dovrebbe comprarli. I rapporti sono già abbastanza tesi per motivi, diciamo, tecnico-fattuali: le polemiche verbali sarebbe meglio evitarle.

Certo, direte, sono il pane quotidiano di Salvini e Di Maio. Ma se mantenere un perenne clima pre-elettorale è assai criticabile qui, alimentarlo da parte di un commissario europeo è grave. Se davvero si sente arbitro – lui stesso ha usato questa metafora, accanto a quella dei tappetari (a Roma li chiamano così) – molto meglio evitare. Sennò si offrono ulteriori, serie ragioni di consenso a Salvini quando dice che la commissione offende gli italiani. E presta il fianco pericolosamente (per lui stesso e, ancora una volta, per l’istituzione che rappresenta) all’ipotesi che le flessibilità concesse ai governi Renzi e Gentiloni, non erano per il bene della stabilità e della crescita (italiana ed europea), ma un omaggio, da socialista, alla sua parte politica.

Insomma: Moscovici aveva tutto da perdere dall’infelice battuta. Tranne, forse, un pugno di voti. Speriamo nessuno creda che l’Europa valga così poco.

Consigli per l’ascolto: “Rock the Casbah”, The Clash

 

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