Torniamo a parlare delle misure contenute nel decreto Genova, approvato dalla Camera e ora in Senato. E cerchiamo di capire perché, nonostante non si preveda un nuovo condono, se ne creano le conseguenze.
Il decreto è quello per le emergenze, più noto come decreto Genova. La Camera lo ha convertito la scorsa settimana, ora tocca al Senato. Una parte del testo è dedicata agli interventi nei comuni dell'isola di Ischia colpiti dal terremoto dell'agosto 2017.
L'articolo 25 del decreto
L'articolo incriminato è il 25. Stabilisce in sintesi che i comuni indicati devono prendere una decisione sulle istanze di condono ancora non risolte relative agli immobili distrutti dal terremoto e presentate ai sensi di tre leggi successive: del 1985, del 1994 e del 2003. E lo devono fare entro sei mesi. Il nodo però è alla fine del primo comma. Dove si legge che per tutte le richieste di sanatoria trovano esclusiva applicazione i criteri della legge n.47 del 1985, cioè il condono voluto dal governo Craxi. In pratica anche per domande successive si applicano i criteri di oltre trent'anni fa, quando - come ha denunciato Legambiente - non esistevano ancora molte norme di tutela del territorio, del paesaggio, di contrasto del rischio sismico, vulcanico e idrogeologico.
Le modifiche non bastano
In Commissione alla Camera il testo è stato parzialmente modificato, con l'articolo 1 bis. Secondo il quale le domande di sanatoria sono ''definite previo rilascio del parere favorevole da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico''. Ma il riferimento ai criteri del 1985 resta.