Le riforme strutturali che il governo vuole affiancare alla manovra di bilancio riguardano soprattutto il pianeta giustizia. Ecco il piano, a metà agosto.
Giuseppe Conte ha festeggiato i suoi 54 anni con una conferenza stampa. I gusti sono gusti e amen. Ha insistito molto il premier sulle riforme strutturali che faranno da base alla legge di bilancio e che ne esalteranno le capacità di produrre sviluppo sociale, pil, occupazione. Sono la riforma del codice di procedura civile, nuove norme anti corruzione, tempi più brevi (magari certi) per i processi civili. Temi e problemi di cui la politica parla da anni, drammaticamente non risolti. Temi e problemi che riguardano il ministro della Giustizia, soprattutto. Mi è venuta la curiosità di capire meglio cos’è che vuole fare Alfonso Bonafede. In cerca di fonti a via Arenula, ne ho trovata una qualificata assai. Questi appunti sono ciò che resta della chiacchierata.
Il metodo, intanto. È quello “del segno meno”. Togliere norme, innanzitutto. O sostituirle con un numero inferiore. Mica nuovo, penso. C’erano una volta il ministero della Semplificazione e i roghi delle leggi. C’è da sperare in miglior fortuna. E migliori risultati.
La lunghezza dei processi. Qui sono convinti che i processi si svolgano secondo troppi riti diversi. E che i procedimenti, così come sono, prevedono troppe udienze. Procedimenti con meno udienze significa abbreviare, automaticamente, i processi. In particolare, l’intenzione è quella di adeguare il numero di udienze alla complessità dell’istruttoria, evitando percorsi standard la cui lunghezza è spesso ingiustificata. Gli atti dai quali nascono i procedimenti, la citazione e il ricorso, anche quelli sono troppi. Rimarrà solo il ricorso.
La lotta alla corruzione. Ci saranno gli agenti infiltrati (quelli che sotto copertura si inseriscono in ambienti e procedure a rischio corruzione) ma non ci sarà il cosiddetto “agente provocatore” (chi propone comportamenti illegali per testare l’onestà degli operatori). Ci sarà il Daspo, i condannati per corruzione in via definitiva non potranno più lavorare con le amministrazioni pubbliche. L’Anac non è un problema, anzi. Va potenziata, in risorse umane e finanziarie.
La politica carceraria. Ci sarà una stretta sulle misure alternative al carcere ma una maggiore attenzione alle condizioni di vita all’interno degli istituti di pena. Formazione e lavoro saranno gli strumenti principali della rieducazione. Tramite un accordo con Autostrade, per esempio, saranno gruppi di detenuti a riempire le buche di Roma. Se succede davvero, penso, sarà contento Keynes e soprattutto i romani.
Ps. A distanza di pochi giorni, Renzi ribadisce che loro “torneranno presto”. Perché? Boh.
Consigli per l’ascolto: “Carcerato”, Alberto Sordi