20 contrari, 11 astenuti alla Direzione Pd. Il premier: "Diritto non è avere l'art.18 ma avere un lavoro". Dure critiche da D'Alema. Bersani: "No a metodo Boffo contro i dissidenti". Uil: sciopero generale se si toccano tutele. CRONACA DELLA GIORNATA
Sì al Jobs Act dalla direzione del Pd. Ma il partito si spacca: i sì sono 120, i no 20, 11 gli astenuti. Non riesce dunque a convincere la minoranza democrat la mediazione che, senza "cedere a compromessi", Matteo Renzi mette sul dialogo. Il premier non solo concede il reintegro per motivi disciplinari, oltre che discriminatori. Ma riapre anche la sala verde di Palazzo Chigi ai sindacati.
Bene il confronto, replicano le sigle confederali, ma resta la minaccia dello sciopero generale se verranno toccati i diritti di chi gode dell'articolo 18. Mentre la minoranza del Pd, per nulla tenera con il segretario in direzione, sposta il confronto nelle Aule parlamentari. E intanto si divide. (La cronaca della giornata)
Renzi: superare i tabù - I contatti con Palazzo Chigi vanno avanti fino all'ultimo. Poi, davanti a una platea in cui siedono anche i 'big' della "vecchia guardia", da Bersani a D'Alema a Marini, Renzi prende la parola. E subito dichiara che, nel nome di una "profonda riorganizzazione del mercato del lavoro e del sistema del welfare", il Pd deve "votare con chiarezza" in direzione "un documento che segni il cammino" del Jobs act e consenta di "superare alcuni tabù", a partire dall'art.18. "Diritto non è avere l'art.18 ma avere un lavoro" afferma (GUARDA IL VIDEO).
La "sfida ai sindacati" - "L'attuale sistema del reintegro va superato certo lasciandolo per discriminatorio e disciplinare", dice. Una novità, dal momento che finora il governo aveva garantito il reintegro solo per licenziamento discriminatorio. Ribadisce che saranno eliminati i co.co.co. e annuncia che in legge di stabilità ci saranno 1,5 miliardi per i nuovi ammortizzatori sociali e 2 mld per il taglio del cuneo. Poi, l'apertura inedita ai sindacati che pure, ribadisce, hanno "drammatiche responsabilità". "Sono pronto a riaprire la sala verde a Cgil, Cisl e Uil" su tre temi, "una legge sulla rappresentazione sindacale; la contrattazione di secondo livello e il salario minimo".
Cgil: Renzi resta vago e contraddittorio - I sindacati confederali rispondono di essere pronti al confronto. Ma non si sentono rassicurati sul tema dell'articolo 18. La linea di Renzi, sottolinea la Cgil, resta "ancora vaga, indefinita e contraddittoria". E anche la Uil avverte: "Se si toccano le tutele di chi già ce le ha e non si prevedono tutele crescenti per chi non le ha, sarà sciopero generale".
Scontro nel Pd - Intanto, in direzione si consuma la rottura con la minoranza. Si cerca fino all'ultimo di elaborare un documento unitario, ma quando Renzi non accetta il compromesso sul reintegro per motivi economici, l'intesa salta. Nel dibattito lungo oltre quattro ore, i più duri sono D'Alema e Bersani. "Meno slogan, meno spot e un'azione di governo più riflettuta credo possa essere la via per ottenere maggiori risultati", avverte l'ex premier. Mentre l'ex segretario evoca il "metodo Boffo" contro gli oppositori. Metodo che, si ricorda, fa riferimento all'attacco condotto da Il Giornale nel 2009 all'allora direttore dell'Avvenire e che, in sostanza, sta ad indicare il gettar fango a chi manifesta un dissenso politico.
Renzi: in Aula votare insieme - In tanti sottolineano che le risorse per i nuovi ammortizzatori non sono sufficienti. E alla fine D'Attorre annuncia la presentazione di un documento alternativo a quello di Renzi. Ma il segretario è netto: "Alla fine si vota allo stesso modo in Parlamento. Questa è la stella polare".
La cronaca della giornata
Bene il confronto, replicano le sigle confederali, ma resta la minaccia dello sciopero generale se verranno toccati i diritti di chi gode dell'articolo 18. Mentre la minoranza del Pd, per nulla tenera con il segretario in direzione, sposta il confronto nelle Aule parlamentari. E intanto si divide. (La cronaca della giornata)
Renzi: superare i tabù - I contatti con Palazzo Chigi vanno avanti fino all'ultimo. Poi, davanti a una platea in cui siedono anche i 'big' della "vecchia guardia", da Bersani a D'Alema a Marini, Renzi prende la parola. E subito dichiara che, nel nome di una "profonda riorganizzazione del mercato del lavoro e del sistema del welfare", il Pd deve "votare con chiarezza" in direzione "un documento che segni il cammino" del Jobs act e consenta di "superare alcuni tabù", a partire dall'art.18. "Diritto non è avere l'art.18 ma avere un lavoro" afferma (GUARDA IL VIDEO).
La "sfida ai sindacati" - "L'attuale sistema del reintegro va superato certo lasciandolo per discriminatorio e disciplinare", dice. Una novità, dal momento che finora il governo aveva garantito il reintegro solo per licenziamento discriminatorio. Ribadisce che saranno eliminati i co.co.co. e annuncia che in legge di stabilità ci saranno 1,5 miliardi per i nuovi ammortizzatori sociali e 2 mld per il taglio del cuneo. Poi, l'apertura inedita ai sindacati che pure, ribadisce, hanno "drammatiche responsabilità". "Sono pronto a riaprire la sala verde a Cgil, Cisl e Uil" su tre temi, "una legge sulla rappresentazione sindacale; la contrattazione di secondo livello e il salario minimo".
Cgil: Renzi resta vago e contraddittorio - I sindacati confederali rispondono di essere pronti al confronto. Ma non si sentono rassicurati sul tema dell'articolo 18. La linea di Renzi, sottolinea la Cgil, resta "ancora vaga, indefinita e contraddittoria". E anche la Uil avverte: "Se si toccano le tutele di chi già ce le ha e non si prevedono tutele crescenti per chi non le ha, sarà sciopero generale".
Scontro nel Pd - Intanto, in direzione si consuma la rottura con la minoranza. Si cerca fino all'ultimo di elaborare un documento unitario, ma quando Renzi non accetta il compromesso sul reintegro per motivi economici, l'intesa salta. Nel dibattito lungo oltre quattro ore, i più duri sono D'Alema e Bersani. "Meno slogan, meno spot e un'azione di governo più riflettuta credo possa essere la via per ottenere maggiori risultati", avverte l'ex premier. Mentre l'ex segretario evoca il "metodo Boffo" contro gli oppositori. Metodo che, si ricorda, fa riferimento all'attacco condotto da Il Giornale nel 2009 all'allora direttore dell'Avvenire e che, in sostanza, sta ad indicare il gettar fango a chi manifesta un dissenso politico.
Renzi: in Aula votare insieme - In tanti sottolineano che le risorse per i nuovi ammortizzatori non sono sufficienti. E alla fine D'Attorre annuncia la presentazione di un documento alternativo a quello di Renzi. Ma il segretario è netto: "Alla fine si vota allo stesso modo in Parlamento. Questa è la stella polare".
La cronaca della giornata