Napolitano: "Massimo rigore sui decreti legge"

Politica

Dopo il ritiro del decreto salva Roma il capo dello Stato scrive una lettera ai presidenti di Camera e Senato per chiedere più attenzione sull'ammissibilità degli emendamenti agli interventi del governo. Grasso: "Giusto, nel caso interverrò"

Rispettare l'omogeneità delle  materie dei provvedimenti contenuti nei decreti presentati dal governo. A sottolinearlo è il capo dello Stato con una lettera trasmessa ai presidenti di Senato e  Camera, Pietro Grasso e Laura Boldrini, e al presidente del Consiglio Enrico Letta, nella quale lo stesso Napolitano ricorda di essere stato obbligato ad avvalersi della facoltà del rinvio sul cosiddetto decreto salva Roma. L'altolà di Napolitano a snaturare con troppi emendamenti i decreti del governo arriva a pochi giorni dalla vicenda del cosiddetto "salva Roma", il decreto nato per intervenire a sostegno del comune capitolino e riempito con emendamenti di tutt'altra finalità, tanto che lo stesso capo dello Stato ne aveva sollecitato il ritiro.
E l'iniziativa di Napolitano riceve l'immediato plauso del presidente del Senato Grasso, secondo: i criteri indicati dal Colle sull'esame dei dl "siano rigorosamente rispettati" - dice la seconda carica dello Stato - o "non esiterò a dichiarare improponibili, per estraneità della materia, emendamenti di qualunque provenienza, anche se presentati dai relatori o dal Governo o già approvati dalla Commissione con i pareri favorevoli dei relatori e del Governo".

Il caso del decreto "salva-Roma"
- "Le modalità di svolgimento dell'iter parlamentare di conversione in legge del decreto 31 ottobre 2013, recante misure finanziarie urgenti in favore di regioni ed enti locali e interventi localizzati nel territorio - ha ricordato Napolitano nella sua lettera - nel corso del quale, al testo originario del decreto sono stati aggiunti 10 articoli per  complessivi 90 commi, mi inducono a riproporre alla vostra attenzione la necessità di verificare con il massimo rigore l'ammissibilità degli emendamenti ai ddl di conversione. Numerosi sono stati i  richiami da me formulati nelle scorse legislature, in presenza di  diversi governi e in rapporto con diversi presidenti delle Camere, alla necessità di rispettare i principi relativi alle caratteristiche e ai contenuti dei provvedimenti di urgenza stabiliti dall'articolo 77 della Costituzione e dalla legge di attuazione costituzionale n. 400 del 1988".

Sul caso pronuncia anche della Consulta - Principi, continua Napolitano, "ribaditi da diverse sentenze della Corte Costituzionale. In particolare nella sentenza n. 22 del  2012, la Corte ha osservato che 'l'inserimento di norme eterogenee rispetto all'oggetto e alla finalità del decreto, spezza il legame logico-giuridico tra la valutazione fatta dal governo sull'urgenza del provvedere e i provvedimenti provvisori con forza di legge'.  Valutazione fatta sotto la propria responsabilità e sottoposta al giudizio del capo dello Stato in sede di emanazione". "La necessaria omogeneità del decreto legge - ha continuato Napolitano, citando il parere della Corte costituzionale - deve essere osservata anche dalla legge di conversione, riservandosi  la facoltà di annullare le disposizioni introdotte dal Parlamento in  violazione dei suindicati criteri."

Napolitano: "Adottare, se necessario, le opportune modifiche ai regolamenti parlamentari" - "Proprio a seguito di questa  sentenza il 22 febbraio 2012 - continua il Capo dello Stato ricordando il parere della Consulta-  ho inviato ai presidenti pro-tempore  delle Camere, una lettera nella quale avvertivo che, di fronte all'abnormità dell'esito del procedimento di conversione, non avrei più potuto rinunciare ad avvalermi della facoltà di rinvio, pur nella consapevolezza che ciò avrebbe potuto comportare la decadenza dell'intero decreto, non disponendo della facoltà di rinvio  parziale". "Esprimevo - ricorda ancora il presidente - inoltre l'avviso che in tal caso fosse possibile una parziale reiterazione che tenesse conto dei motivi posti alla base della richiesta di riesame. La stessa Corte Costituzionale, fin dalla sentenza n. 360 del 1996 ha posto come limite al divieto di reiterazione l'individuazione di nuovi motivi di necessità e urgenza. "Rinnovo pertanto nello stesso spirito di collaborazione istituzionale l'invito contenuto in quella lettera, ad attenersi, nel valutare l'ammissibilità degli emendamenti riferiti ai decreti legge, a criteri di stretta attinenza allo specifico oggetto degli stessi e  alle relative finalità, anche adottando - se ritenuto necessario - le  opportune modifiche ai regolamenti parlamentari".

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