Sardegna, referendum anti-casta contro l'onorevole Sciupone

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Il 6 maggio si vota per l'abolizione di 4 province, la riduzione dei consiglieri regionali e dei loro stipendi. Un comitato trasversale promuove la consultazione. Dall'altra parte tanti nemici più o meno occulti, incarnati da un personaggio nato sul web

di Giulia Floris

Aumentare il numero dei consiglieri regionali è la vera "scommessa occupazionale", alzare gli stipendi degli onorevoli è indispensabile per permettere loro di garantirsi la successiva elezione coi regali del caso. E se proprio qualcuno non viene rieletto è importante garantirgli il posto in qualche consiglio di amministrazione. L’intento programmatico dell’onorevole Emanuele Sciupone non potrebbe essere più chiaro: difendere i privilegi della Casta. A dare voce e un profilo facebook, al paladino degli sprechi e dei privilegi, il Movimento referendario sardo, che porta avanti la battaglia per i referendum "anti-casta" che si voteranno il 6 maggio.

I referendum anti-casta - Mentre in molti comuni italiani infatti i cittadini saranno chiamati al voto per rinnovare le amministrazioni locali, in tutta l’isola si vota per sopprimere le province di più recente istituzione, ridurre il numero dei consiglieri regionali e il loro stipendio, abolire i consigli di amministrazione degli enti regionali.
A promuovere i referendum, un comitato trasversale, che conta centinaia di sindaci sardi, esponenti di partiti di destra come di sinistra, il Movimento riformatore, sin dai tempi di Mario Segni in prima linea per le battaglie referendarie. Dall’altra parte qualche nemico dichiarato, ma anche tanti nemici occulti. "Un comitato ufficiale per il no non è stato nemmeno costituito – spiega a Sky.it Guido Portoghese, consigliere comunale del Comune di Cagliari e esponente del movimento referendario - ma sono tante le forze che remano contro: per questo abbiamo dato vita al personaggio dell’onorevole Sciupone, che incarna bene le intenzioni di chi non vuole il cambiamento". 

Cosa chiedono i 10 quesitiI quesiti cui saranno sottoposti i cittadini sardi sono dieci, cinque abrogativi e cinque soltanto consultivi.
I primi quattro quesiti sono abrogativi e riguardano tutti, in relazione a leggi diverse, la soppressione delle quattro province sarde istituite con una legge nel 1997. L’ottavo quesito propone invece l’abrogazione della norma che disciplina i compensi dei consiglieri regionali.
Per quanto riguarda i quesiti di carattere consultivo, questi vanno dalla proposta di abolire, in futuro, anche le quattro province storiche di Cagliari, Sassari, Nuoro e Oristano (per sostituirle con le associazioni volontarie di Comuni), a quella di riscrivere lo Statuto della Regione da parte di un’Assemblea Costituente "eletta a suffragio universale da tutti i cittadini sardi”.
Inoltre, si chiede agli elettori se siano favorevoli all'abolizione dei consigli di amministrazione di tutti gli "Enti strumentali e Agenzie della Regione”, e se siano d'accordo a regolamentare per legge un sistema di primarie per scegliere i candidati alla presidenza della Sardegna. Infine, un ultimo quesito propone di ridurre a 50 il numero dei consiglieri regionali.
Tutti i quesiti, nell'intenzione dei referendari, sono improntati alla riduzione degli sprechi e al "ritorno di una buona politica".

L'Unione delle province in tribunale - Ma se anche un comitato ufficiale del No non si è costituito, la posizione dell'Unione delle Province Sarde contro i 4 referendum regionali abrogativi è però molto chiara. Dopo aver presentato un ricorso al Tar che è stato respinto, i legali dell'Ups hanno sollevato eccezioni di costituzionalità e legittimità davanti al tribunale civile di Cagliari, che deve ancora pronunciarsi. "Se le nuove province venissero abolite - denuncia l'Ups - si avrebbe un buio amministrativo per un tempo indefinibile".

Il mancato election day – Ma oltre al ricorso dell'Unione delle Province, sulla consultazione pesa il timore di non raggiungere il quorum. Il movimento denuncia una "congiura del silenzio" sulla consultazione, che si unisce al mancato accorpamento del voto referendario con quello amministrativo.
Le elezioni amministrative in Sardegna sono infatti state posticipate rispetto al resto di Italia per la necessità di adeguare i software delle prefetture con quelli del Viminale, a causa di una difformità tra la legge nazionale e quella regionale. Il Consiglio regionale però non ha voluto approvare, in tempi utili, il disegno di legge che avrebbe consentito l'accorpamento delle due consultazioni, facendo così slittare ancora anche le amministrative.

Il governatore Cappellacci coi referendari - Una circostanza che non ha mancato di sollevare polemiche, anche da parte governatore sardo Ugo Cappellacci, che a sorpresa si è schierato col comitato referendario. "La concentrazione in un'unica data delle amministrative e del voto per i quesiti referendari non solo avrebbe garantito un risparmio significativo per le casse pubbliche, ma avrebbe altresì favorito un'ampia affluenza alle urne" ha detto il presidente della Regione. Una partecipazione – ha aggiunto - che mi auguro sia comunque alta affinché la Sardegna possa affrontare in anticipo rispetto alle altre Regioni il dibattito politico su temi sensibili come quelli trattati dai referendum".

La scelta di Cappellacci però non soddisfa l’opposizione di centrosinistra. Il Consiglio regionale, lamenta l’opposizione, potrebbe approvare da solo le riforme per il bene della Sardegna, senza cavalcare in maniera populistica il malcontento dei cittadini. Una sfiducia generalizzata dei sardi che, teme Guido Portoghese, esponente del comitato, potrebbe portare le persone a rinunciare anche a votare al referendum, nella convinzione che "tanto non cambia niente".

Per questo, ogni contributo per portare i cittadini alle urne è per il comitato referendario importante: dalle iniziative istituzionali di Comuni e Regione ai video a sostegno del referendum pubblicati sul web.




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