Maroni: "Tante firme, avanti con il referendum elettorale"

Politica

Il ministro: "Sono rimasto impressionato dal numero raccolto in così poco tempo, è un segnale forte che va ascoltato". Nel Pdl è scontro sulle preferenze. Schifani: se ne occupi il Parlamento. Casini: il governo cadrà prima. Di Pietro: no a leggi truffa

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"Sono rimasto impressionato dal numero di firme (un milione, secondo i promotori, ndr) raccolte in così poco tempo, quindi è un segnale forte che va ascoltato e credo che si debba procedere al referendum". Così il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, ha commentato il numero di firme raccolte per il referendum per cambiare la legge elettorale.
Un risultato, questo, che spiazza le forze politiche di maggioranza e opposizione. E anche dopo l'appello del Capo dello Stato a riformare le regole del voto per ripristinare il rapporto diretto tra eletto ed elettore, su quella che veniva generalmente riconosciuta una doverosa correzione da apportare alla legge elettorale, si apre una nuova spaccatura. Con divisioni anche all'interno del Pdl.

Il Pdl diviso sul nodo preferenze - Mentre nella Lega il ministro Roberto Maroni dice sì al referendum, il segretario del Pdl, Angelino Alfano, ribadisce che è "giusto consentire di esprimere una preferenza" a patto, però, di garantire la possibilità "di indicare il presidente del Consiglio". Il Pdl "vince con ogni sistema elettorale" si schernisce tuttavia il segretario che prende a metafora le lumache "che vanno sull'asciutto e sul bagnato".
Sempre sulla legge elettorale è arrivata anche la posizione del ministro della Difesa, Ignazio La Russa, convinto che se si vuole cambiare la legge elettorale solo per introdurre le preferenze mantenendone l'impianto, lo si può fare "in 48 ore". (GUARDA L'INTERVENTO)
Ma sul nodo delle preferenze, le posizioni del partito sono tutt'altro che univoche.
"Esistono sistemi che consentono di avvicinare i cittadini elettori senza ritornare alle preferenze che fu una delle cause della crisi della prima Repubblica perché costringono i candidati a ricercare risorse molto rilevanti" frena Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera che invece sposa l'approccio della Lega che collega la riforma della legge elettorale a quella costituzionale. Insiste, infatti, il ministro delle Riforme Roberto Calderoli: la legge elettorale potrebbe essere cambiata nella primavera del 2012, solo dopo la prima lettura in Parlamento della riforma costituzionale federalista.

Parisi: Bersani ha firmato? - Anche nell'opposizione, tuttavia, lo scossone inferto dai referendari lascia il segno. Arturo Parisi, coordinatore del comitato, è tagliente con il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, che ha chiesto un cenno di ringraziamento per il contributo dato alla raccolta delle firme. "Bersani ha messo la sua firma? Prodi lo ha fatto" sottolinea Parisi che apprezza invece le parole "oneste" di Maroni. Anche Rosy Bindi apprezza il ministro leghista: "Maroni fa bene a prendere sul serio il referendum. Ma il Ministro - avverte - deve essere capace di controllare i suoi amici della maggioranza, perché non siano tentati di sciogliere le Camere".
Nel Terzo Polo, il leader di Fli, Gianfranco Fini lancia l'allarme: qualcuno cercherà la scappatoia del voto, "meglio invece fare una nuova legge elettorale in Parlamento che sia la più condivisa possibile e con una maggioranza ampia". Insomma, "la legge elettorale è importante, ma non si può fare se prima non si fa una riforma complessiva delle istituzioni".
Pier Ferdinando Casini concorda con Napolitano sulle preferenze ma il suo giudizio è caustico: "Si stava meglio quando si stava peggio". La sua analisi sugli esiti del referendum però è netta: si andrà al voto perché né si terrà la consultazione sulla legge elettorale né il Parlamento riuscirà a varare una nuova legge elettorale.
Si insospettisce invece il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro: il successo dei referendari, dice, non verrà "stravolto da una legge elettorale truffa dell'ultima ora".

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