Vertice Napolitano-Berlusconi. Di Pietro attacca il premier

Politica

Il presidente del Consiglio è salito al Colle. Il leader Idv: "Si dimetta o ci scappa il morto". Galan: il Cavaliere non lascia. Milanese si autosospende dal Pdl, giovedì il voto alla Camera. La Lega voterà no. Bossi: non voglio far cadere il governo

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Il vertice al Quirinale tra Giorgio Napolitano e Silvio Berlusconi non ha potuto che registrare lo stallo di maggioranza e opposizione. L'Asse del Nord infatti si è blindato contro l'offensiva congiunta di centrosinistra, parti sociali e Confindustria che chiedono un nuovo governo e anzi prepara una controffensiva basata su un piano di rilancio dell'economia.

Berlusconi al Quirinale - Il consulto tra capo dello Stato e presidente del Consiglio era un atto dovuto: Napolitano ha svolto in questi giorni un giro informale di consultazioni dalle quali emerge un'enorme tensione politica ma senza che nessuno sia riuscito ad individuare per davvero una exit strategy.
Una cosa è certa, dichiara il ministro Galan, il presidente del Consiglio non ha intenzione di dimettersi. "Io ho parlato con Berlusconi dopo il suo incontro con Napolitano e mi ha detto che posso rassicurare gli italiani perché il presidente della Repubblica non chiederà le dimissioni di Berlusconi e il presidente del Consiglio non ha mai avuto intenzione di darle le dimissioni". Queste le parole del ministro dei Beni culturali.
I rapporti tra maggioranza e opposizione, però, si fanno sempre più aspri. Così come i toni scelti dal leader del''Idv Antonio Di Pietro, che dal suo blog, evoca la possibilità che dalle tensioni sociali "ci scappi il morto".

Caso Milanese, la Lega voterà no -
La maggioranza, in tutta risposta, fa quadrato attorno al premier e l'autosospensione di Marco Milanese dal Pdl in attesa del processo scongiura le strumentalizzazioni.
La tenuta del governo sarà infatti messa alla prova il 22 settembre col voto a scrutinio segreto per decidere se dare o meno l'autorizzazione all'arresto di Marco Milanese, ex collaboratore del ministro Tremonti, coinvolto nell'inchiesta P4. I reati ipotizzati nei suoi confronti sono associazione per delinquere, corruzione e rivelazione di segreto d'ufficio.
Umberto Bossi è consapevole che una spaccatura della Lega sull'arresto dell'ex braccio destro di Tremonti aprirebbe con ogni probabilità la crisi di tutta la coalizione: ciò spiega perché abbia confermato la lealtà del Carroccio e perché anche Roberto Maroni abbia assicurato che si adeguerà alle decisioni del capo.

Di Pietro: "Il governo non c'è più" - Berlusconi lasci, si dimetta, vada via, liberi il campo: cambiano le formule, ma la richiesta di tutta l'opposizione è univoca, e punta a dare la spallata finale a un premier considerato molto più debole del 14 dicembre dello scorso anno, quando in Parlamento Berlusconi si salvò dalla sfiducia per il rotto della cuffia.
La vigilia del voto sull'arresto di Marco Milanese, che per qualcuno equivale a una sorta di mozione di sfiducia 'di fatto' per le ricadute che potrebbe avere in caso di approvazione, comincia con il segretario del Pd Bersani che invoca "un sussulto di dignità" da parte di Berlusconi: il segretario del Pd sperava che, salendo al Quirinale, il premier cogliesse l'occasione per dimettersi prima della votazione alla Camera sull'ex braccio destro del ministro Tremonti.
E sempre sul voto alla Camera, interviene anche Antonio Di Pietro. "Domani (22 settembre, ndr) sarà la cartina di tornasole per verificare se in Parlamento c'è ancora qualche parlamentare di maggioranza che ha un po' di dignità e di onore - scrive ancora sul suo blog il presidente dell'Italia dei Valori - si rischia però che la decisione del Parlamento venga assunta non per motivi di legge ma per motivi politici". "Il problema  - continua - è la degenerazione di questo Parlamento, di questa maggioranza e del suo governo che, mentre l'Italia va a pezzi, mentre il Paese ha bisogno di interventi urgenti in materia economica, sociale, di rilancio della produzione industriale e di diritti civili, tiene impegnato il Parlamento per dire no all'arresto di un deputato accusato di essersi macchiato di gravi reati. Tiene impegnato il Senato per dire che il presidente del Consiglio non può essere processato perché Ruby Rubacuori, ai suoi occhi, era la nipote di Mubarak e, quindi, per salvare la dignità di un capo di Stato, non voleva che fosse arrestata". "Tiene impegnato il Parlamento per il processo lungo, cioè per fare delle regole affinché i processi non arrivino mai a sentenza e i delinquenti stiano sempre fuori, perché questo serve a Berlusconi nel processo Mills. Tiene impegnata l'Aula per ridurre o eliminare le intercettazioni telefoniche come strumento di investigazione".

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