Bagnasco, le tasse e il ruolo della Chiesa

Politica
Il presidente della Cei Angelo Bagnasco
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Il cardinale chiede in radio di "rinunciare a benefici e privilegi", ma su Facebook raccolgono sempre più consensi due gruppi che chiedono al Vaticano di pagare l'Ici. E scoppia la polemica tra Avvenire e gli altri quotidiani

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di David Saltuari

"Pagare le tasse è un dovere di tutti" dice dalle frequenze di Radio Anch'io il Cardinale Angelo Bagnasco, aggiungendo che "sono impressionanti le cifre che si leggono sull'evasione fiscale". "E necessario - spiega il presidente della Cei - rivedere gli stili di vita, che tutti facciano la loro parte rinunciando a benefici eccessivi e privilegi". Un appello accolto da tutto l'arco  costituzionale (radicali esclusi) con la consueta approvazione. "Le riflessioni del cardinale Bagnasco sono condividibili perché rispondono ad una domanda di giustizia sociale e di equità." dice Merlo del Pd, "parole sagge" gli fa eco Maurizio Gasparri.

I gruppi su Facebook - Parole che però non vengono accolte con la stessa benevolenza in rete. Non sono, infatti giorni facili per la Chiesa cattolica sulla stampa e su Internet, dove da diversi giorni è in corso un acceso dibattito sui presunti privilegi fiscali di cui gode il Vaticano. In meno di sessanta ore, due gruppi paralleli su Facebook, entrambi intitolati Vaticano pagaci tu la manovra finanziaria (clicca qui per il più numeroso, qui per l'altro), hanno racimolato migliaia di iscritti. E i commenti che vi si trovano, raramente riproducibili, sono tutt'altro che benevolenti.

Le critiche di Gramellini, Facci e Severgnini - A dare il là alla discussione sono stati tre tra le principali firme del giornalismo italiano, Massimo Gramellini, Beppe Severgnini e Filippo Facci. Nonostante le loro differenze politiche, tutti e tre si sono chiesti "ma perché la Chiesa non fa la sua parte". Su Twitter Beppe Severgini scrive: "Domanda per la Chiesa. Perché non rinunciare a qualche vantaggio fiscale in favore della famiglia, ignorata nella manovra di ferragosto", subito rilanciato dal suo direttore Ferruccio De Bortoli: "Sì alla proposta sulla fine delle esenzioni fiscali per la Chiesa. Ritocco a manovra Ferragosto a beneficio famiglie".
Più ironico l'intervento di Massimo Gramellini che nella sua rubrica su La Stampa, parlando del rifiuto della diocesi napoletana di spostare la festa di San Gennaro, conclude la sua riflessione scrivendo "ci piacerebbe approfittare della linea diretta (con San Gennaro ndr) per conoscere l’opinione del Santo anche sui 4 miliardi annui di esenzioni fiscali di cui la Chiesa italiana continua a godere persino su residenze e attività estranee al culto. Che sia questo il vero miracolo?".
Tagliente, com'è nel suo stile, invece l'articolo di Filippo Facci che, dalle pagine di Libero, argomenta che "non si capisce perché la Chiesa non dovrebbe fare la propria parte: fruisce di agevolazioni fiscali per miliardi (tutti soldi nostri, credenti o meno) e lo fa con furberie che a tratti profumano di raggiro: basta infilare una cappellina, un altarino, una statuetta o un mezzo padrepio in un angoletto di grandi alberghi, ristoranti, cinema, cliniche, scuole, impianti sportivi e interi palazzi con appartamenti in affitto (tutto di proprietà della Chiesa, che è leader nazionale con 100mila fabbricati) ed ecco che un immobile viene definito «adibito a culto» e viene perciò completamente esentato dal pagamento dell’Ici, senza contare altre agevolazioni."

La risposta della Chiesa - Attacchi a cui risponde Avvenire, il quotidiano della Cei. "Macché trucchi, basta informarsi", sostiene il giornale cattolico, che parla di "sciocchezza smontata, anzi demolita dati alla mano anni e anni fa". Severgnini, Facci e Gramellini vengono definiti un "sorprendentemente disinformato e acido coro". E bolla come una "colossale bufala" la rivelazione di Facci sul fatto che basti costruire una capelletta per avere l'esenzione dell'Ici. "Se fosse vero, tutti gli albergatori l'avrebbero già fatto", ironizza il giornale della Cei.
"Bisognerebbe essere più precisi e informarsi, prima di gettare ombra o perfino fango - conclude l'editoriale firmato da Umberto Folena - Bisognerebbe avere, con la Chiesa, la precisione che si ha nei confronti di altri soggetti più «reattivi» e meno inoffensivi. Perché quei «quattro miliardi» sottratti all’Italia della crisi sono lo schizzo cattivo di un laicismo che intende eliminare ogni presenza sociale e pubblica della Chiesa, che sta contribuendo già adesso ad ammortizzare gli effetti nefasti della crisi."

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