Il ministro degli Esteri commenta le rivolte con centinaia di vittime: “Incoraggiare il processo pacifico di transizione". Berlusconi aveva detto: “Non chiamo per non disturbare". Proteste davanti all'ambasciata a Roma. La Cgil: non sparate sulla folla
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"Non dobbiamo dare l'impressione sbagliata di volere interferire, di volere esportare la nostra democrazia. Dobbiamo aiutare, dobbiamo sostenere la riconciliazione pacifica: questa è la strada". Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, si esprime così a proposito dell'aggravarsi della situazione in Libia, dove da giorni non si placano gli scontri e le proteste. Il governo italiano, intanto, dovrebbe riferire in parlamento sulla situazione che si è creata in Libia nella giornata di mercoledì 23 febbraio. Sarà verosimilmente il ministro degli Esteri Franco Frattini a svolgere l'informativa parlamentare. Martedì sera alle 20, invece, ci sarà un vertice a palazzo Chigi.
"Un emirato islamico ai confini dell'Europa sarebe una minaccia" - "Non possiamo dire: questo è il nostro modello, prendetelo - ha detto Frattini - L'Europa non deve fare questo, perché sarebbe non rispettoso della sovranità e dell'indipendenza dei popoli. Sono veramente preoccupato della auto-proclamazione del cosiddetto Emirato islamico di Bengasi. Vi immaginate un emirato islamico ai confini con l'Europa? Questa sarebbe veramente una seria minaccia", ha detto Frattini, rispondendo a diverse domande dei giornalisti.
"La Libia è questione di grande preoccupazione", ha ribadito. "C'è un bisogno urgente di avviare il processo di riconciliazione pacifica e nazionale e di fermare le violenze, difendendo al tempo stesso l'integrità territoriale della Libia. Ecco perché consideriamo che un processo pacifico di riconciliazione nazionale sia urgente e auspichiamo che porti ad una Costituzione libica".
"Non dobbiamo interferire" - "Non dobbiamo dare l'impressione sbagliata di volere interferire, di volere esportare la nostra democrazia. Dobbiamo aiutare, dobbiamo sostenere la riconciliazione pacifica: questa è la strada", ha aggiunto il ministro. "L'Europa non deve interferire, non deve esportare, ma incoraggiare il processo pacifico di transizione".
Frattini ha insistito sulla necessità di "mobilitare fondi e risorse" per aiutare i paesi del nord Africa. "Se tollerassimo che l'economia crollasse in questi paesi saremmo noi i primi a pagarne le conseguenze", ha precisato il ministro facendo riferimento all'aumento dei flussi di immigrati.
Berlusconi: "Gheddafi? Non mi permetto di disturbare" - Le dichiarazioni di Frattini arrivano dopo quelle di sabato di Silvio Berlusconi, che sugli scontri in Libia, dopo aver espresso "molta preoccupazione", aveva aggiunto: "Gheddafi non l'ho ancora sentito, la situazione è in evoluzione e quindi non mi permetto di disturbare nessuno".
Le parole del premier avevano scatenato la netta reazione dell'opposizione, che aveva parlato di una "reazione sconcertante" dell'Italia.
E il ministro della Difesa La Russa ha corretto in parte il tiro delle parole del premier: "La prudenza del presidente del Consiglio nelle dichiarazioni pubbliche la trovo giustificata. Io non avrei scelto la parola disturbare ma non ci si può impiccare alle parole".
Proteste a Roma: Berlusconi fermo davanti al massacro - La posizione del governo italiano ha suscitato diverse proteste. "Berlusconi fermo di fronte al massacro del popolo libico" lo slogan con cui alcune decine di manifestanti libici e nordafricani hanno protestato a Roma di fronte all'ambasciata della Libia chiedendo a gran voce che il governo italiano "rompa il silenzio" di fronte al "massacro" ordinato dal "dittatore" Gheddafi. "L'Italia e l'Ue sapevano benissimo come funzionano le cose in Libia. Siamo preoccupati per questo silenzio. Berlusconi non può liquidare la faccenda con un "non disturbo" dicono i manifestanti.
Camusso (Cgil): il governo dica al rais di non sparare sulla folla - Critico anche il segretario generale della Cgil Susanna Camusso. "Il governo dovrebbe dire al rais della Libia che non si spara sulla gente inerme, andrebbe detto lì, in Baharein e in Iraq. Bisognerebbe dire al governo italiano di avere il coraggio di non anteporre teoriche amicizie personali al ruolo che un Paese deve avere". "Il governo - ha detto ancora Susanna Camusso - dovrebbe anche consigliare a Gheddafi di passare alla democrazia". Una posizione, questa, molto simile a quella tenuta dalla Germania, con il cancelliere Angela Merkel, che ha condannato duramente la reazione libica.
Bersani: "Ci siamo mossi in coda a tutti" - Posizione dura anche per il segretario del Partito democratico, Pier Luigi Bersani, secondo cui deve essere l'Italia a dettare la linea: "Deve dire lei cosa deve fare l'Europa perché tocca all'Italia guidare l'Europa nella politica del Mediterraneo". Per il segretario del Pd, "in questo momento ci vorrebbe un'Europa e un'Italia che non si limitasse a dire tutto quello che dice l'Europa, 'per me va bene, come ha detto ieri Frattini'", ha sintetizzato. Bisogna in altre parole, per Bersani, ritornare ad acquisire un ruolo di primo piano in politica estera su questi temi, in quanto, ha sottolineato, l'Italia è primo e secondo partner commerciale dei Paesi del Mediterraneo ma "si sta facendo di nebbia davanti un popolo che chiede libertà e dignita'". "E' sempre stato così - ha concluso Bersani - prima di Berlusconi, solo in questi anni ci siamo mossi in coda a tutti".
Vendola (Sel): "Basta con feroce repressione" - "La democratizzazione di tutta l’area del Mediterraneo è una straordinaria chance per l’Italia e per l’Europa. I popoli in lotta per la libertà chiedono all’Europa di essere meno pigra culturalmente e meno inerte politicamente". E’ quanto afferma Nichi Vendola, presidente di Sinistra Ecologia Libertà. "In questo quadro – prosegue il leader di Sel - l’Italia svetta per i suoi traffici e le sue amicizie con i peggiori dittatori del Mediterraneo e del mondo, a partire dal circo equestre di Gheddafi che Berlusconi ci ha costretto ad assistere nei mesi scorsi. Sarebbe ora che - insiste Vendola - mentre l’incendio si sviluppa in tutto il Mediterraneo, il governo italiano dicesse parole chiare e nette: a partire dallo stop alla feroce repressione in atto a pochi chilometri dalle nostre coste. E’ un governo – conclude il presidente di Sel – evidentemente non all’altezza del ruolo che la storia ci chiede di svolgere.
Gli italiani in Libia sono 1.500 - Ma dall'Italia si guarda alla Libia anche per i tanti connazionali presenti nel Paese. Sono 1.500 gli italiani stabilmente presenti in Libia; di questi, 500 sono dipendenti di società italiane che hanno in campo progetti locali. Non più di una decina di connazionali sono a Bengasi, al centro delle rivolte. La Farnesina, attraverso l'ambasciata, consiglia agli italiani di lasciare il Paese, anche se non è previsto un vero e proprio programma di evacuazione: l'aeroporto di Tripoli è operativo e Alitalia effettua regolarmente i collegamenti. Se si verificherà un aumento di richieste di lasciare il Paese, non è escluso che la compagnia intensifichi le partenze di voli per l'Italia.
Stefania Craxi: "Pronto piano di evacuazione" - ll sottosegretario agli Esteri Stefania Craxi, comunque fa sapere che "sono pronti i piani di evacuazione nel caso si rendessero necessari ma non è stato dato ancora il via". "Per ora - ha detto - stiamo invitando i connazionali a rimanere nelle abitazioni e a non farsi trovare in mezzo ai disordini. Come in altri casi, l'ambasciata italiana è perfettamente attrezzata per sostenere le nostre comunità all'estero". Comunque, ha concluso, "seguiamo gli avvenimenti che si stanno di ora in ora modificando".
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"Non dobbiamo dare l'impressione sbagliata di volere interferire, di volere esportare la nostra democrazia. Dobbiamo aiutare, dobbiamo sostenere la riconciliazione pacifica: questa è la strada". Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, si esprime così a proposito dell'aggravarsi della situazione in Libia, dove da giorni non si placano gli scontri e le proteste. Il governo italiano, intanto, dovrebbe riferire in parlamento sulla situazione che si è creata in Libia nella giornata di mercoledì 23 febbraio. Sarà verosimilmente il ministro degli Esteri Franco Frattini a svolgere l'informativa parlamentare. Martedì sera alle 20, invece, ci sarà un vertice a palazzo Chigi.
"Un emirato islamico ai confini dell'Europa sarebe una minaccia" - "Non possiamo dire: questo è il nostro modello, prendetelo - ha detto Frattini - L'Europa non deve fare questo, perché sarebbe non rispettoso della sovranità e dell'indipendenza dei popoli. Sono veramente preoccupato della auto-proclamazione del cosiddetto Emirato islamico di Bengasi. Vi immaginate un emirato islamico ai confini con l'Europa? Questa sarebbe veramente una seria minaccia", ha detto Frattini, rispondendo a diverse domande dei giornalisti.
"La Libia è questione di grande preoccupazione", ha ribadito. "C'è un bisogno urgente di avviare il processo di riconciliazione pacifica e nazionale e di fermare le violenze, difendendo al tempo stesso l'integrità territoriale della Libia. Ecco perché consideriamo che un processo pacifico di riconciliazione nazionale sia urgente e auspichiamo che porti ad una Costituzione libica".
"Non dobbiamo interferire" - "Non dobbiamo dare l'impressione sbagliata di volere interferire, di volere esportare la nostra democrazia. Dobbiamo aiutare, dobbiamo sostenere la riconciliazione pacifica: questa è la strada", ha aggiunto il ministro. "L'Europa non deve interferire, non deve esportare, ma incoraggiare il processo pacifico di transizione".
Frattini ha insistito sulla necessità di "mobilitare fondi e risorse" per aiutare i paesi del nord Africa. "Se tollerassimo che l'economia crollasse in questi paesi saremmo noi i primi a pagarne le conseguenze", ha precisato il ministro facendo riferimento all'aumento dei flussi di immigrati.
Berlusconi: "Gheddafi? Non mi permetto di disturbare" - Le dichiarazioni di Frattini arrivano dopo quelle di sabato di Silvio Berlusconi, che sugli scontri in Libia, dopo aver espresso "molta preoccupazione", aveva aggiunto: "Gheddafi non l'ho ancora sentito, la situazione è in evoluzione e quindi non mi permetto di disturbare nessuno".
Le parole del premier avevano scatenato la netta reazione dell'opposizione, che aveva parlato di una "reazione sconcertante" dell'Italia.
E il ministro della Difesa La Russa ha corretto in parte il tiro delle parole del premier: "La prudenza del presidente del Consiglio nelle dichiarazioni pubbliche la trovo giustificata. Io non avrei scelto la parola disturbare ma non ci si può impiccare alle parole".
Proteste a Roma: Berlusconi fermo davanti al massacro - La posizione del governo italiano ha suscitato diverse proteste. "Berlusconi fermo di fronte al massacro del popolo libico" lo slogan con cui alcune decine di manifestanti libici e nordafricani hanno protestato a Roma di fronte all'ambasciata della Libia chiedendo a gran voce che il governo italiano "rompa il silenzio" di fronte al "massacro" ordinato dal "dittatore" Gheddafi. "L'Italia e l'Ue sapevano benissimo come funzionano le cose in Libia. Siamo preoccupati per questo silenzio. Berlusconi non può liquidare la faccenda con un "non disturbo" dicono i manifestanti.
Camusso (Cgil): il governo dica al rais di non sparare sulla folla - Critico anche il segretario generale della Cgil Susanna Camusso. "Il governo dovrebbe dire al rais della Libia che non si spara sulla gente inerme, andrebbe detto lì, in Baharein e in Iraq. Bisognerebbe dire al governo italiano di avere il coraggio di non anteporre teoriche amicizie personali al ruolo che un Paese deve avere". "Il governo - ha detto ancora Susanna Camusso - dovrebbe anche consigliare a Gheddafi di passare alla democrazia". Una posizione, questa, molto simile a quella tenuta dalla Germania, con il cancelliere Angela Merkel, che ha condannato duramente la reazione libica.
Bersani: "Ci siamo mossi in coda a tutti" - Posizione dura anche per il segretario del Partito democratico, Pier Luigi Bersani, secondo cui deve essere l'Italia a dettare la linea: "Deve dire lei cosa deve fare l'Europa perché tocca all'Italia guidare l'Europa nella politica del Mediterraneo". Per il segretario del Pd, "in questo momento ci vorrebbe un'Europa e un'Italia che non si limitasse a dire tutto quello che dice l'Europa, 'per me va bene, come ha detto ieri Frattini'", ha sintetizzato. Bisogna in altre parole, per Bersani, ritornare ad acquisire un ruolo di primo piano in politica estera su questi temi, in quanto, ha sottolineato, l'Italia è primo e secondo partner commerciale dei Paesi del Mediterraneo ma "si sta facendo di nebbia davanti un popolo che chiede libertà e dignita'". "E' sempre stato così - ha concluso Bersani - prima di Berlusconi, solo in questi anni ci siamo mossi in coda a tutti".
Vendola (Sel): "Basta con feroce repressione" - "La democratizzazione di tutta l’area del Mediterraneo è una straordinaria chance per l’Italia e per l’Europa. I popoli in lotta per la libertà chiedono all’Europa di essere meno pigra culturalmente e meno inerte politicamente". E’ quanto afferma Nichi Vendola, presidente di Sinistra Ecologia Libertà. "In questo quadro – prosegue il leader di Sel - l’Italia svetta per i suoi traffici e le sue amicizie con i peggiori dittatori del Mediterraneo e del mondo, a partire dal circo equestre di Gheddafi che Berlusconi ci ha costretto ad assistere nei mesi scorsi. Sarebbe ora che - insiste Vendola - mentre l’incendio si sviluppa in tutto il Mediterraneo, il governo italiano dicesse parole chiare e nette: a partire dallo stop alla feroce repressione in atto a pochi chilometri dalle nostre coste. E’ un governo – conclude il presidente di Sel – evidentemente non all’altezza del ruolo che la storia ci chiede di svolgere.
Gli italiani in Libia sono 1.500 - Ma dall'Italia si guarda alla Libia anche per i tanti connazionali presenti nel Paese. Sono 1.500 gli italiani stabilmente presenti in Libia; di questi, 500 sono dipendenti di società italiane che hanno in campo progetti locali. Non più di una decina di connazionali sono a Bengasi, al centro delle rivolte. La Farnesina, attraverso l'ambasciata, consiglia agli italiani di lasciare il Paese, anche se non è previsto un vero e proprio programma di evacuazione: l'aeroporto di Tripoli è operativo e Alitalia effettua regolarmente i collegamenti. Se si verificherà un aumento di richieste di lasciare il Paese, non è escluso che la compagnia intensifichi le partenze di voli per l'Italia.
Stefania Craxi: "Pronto piano di evacuazione" - ll sottosegretario agli Esteri Stefania Craxi, comunque fa sapere che "sono pronti i piani di evacuazione nel caso si rendessero necessari ma non è stato dato ancora il via". "Per ora - ha detto - stiamo invitando i connazionali a rimanere nelle abitazioni e a non farsi trovare in mezzo ai disordini. Come in altri casi, l'ambasciata italiana è perfettamente attrezzata per sostenere le nostre comunità all'estero". Comunque, ha concluso, "seguiamo gli avvenimenti che si stanno di ora in ora modificando".
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