Pdl, si naviga a vista (tra le correnti)
PoliticaDopo la scissione dei finiani proseguono gli attriti all’interno del partito con tanto di conflitti (e tregue). Ci sono i ministri "azzurri" di Liberamente e gli ex aennini, ma anche i Circoli berlusconiani e gli ex democristiani. In arrivo nuove regole
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di Serenella Mattera
Qualcuno le chiama ‘anime’, qualcun altro ‘componenti’. Meglio evitare il termine ‘correnti’ (Silvio Berlusconi le ha definite “metastasi della politica”). Ci sono i giovani ministri “azzurri” (Frattini, Prestigiacomo, Carfagna, Gelmini) uniti dalla fondazione Liberamente e gli ex aennini (con distinguo tra i ‘dioscuri’ Gasparri-La Russa e il sindaco di Roma Alemanno). Ci sono gli ex forzitalioti e le truppe berlusconiane di Circoli e Team della libertà. Ci sono anche gli ex democristiani (da Rotondi a Giovanardi). Tutti dentro il Pdl. E in mezzo un fermento mai visto di incontri, vertici, patti e riunioni. Tant’è che qualcuno parla allarmato di una ‘balcanizzazione’ del partito. A livello nazionale e locale.
Il distacco dei finiani di Futuro e libertà, con relativa erosione di elettori, ma anche di eletti e quadri dirigenti, sembra aver destabilizzato la creatura politica fondata da Berlusconi e Fini sull’onda del predellino. E’ già pronta, perciò, una ristrutturazione del partito, che sarà varata probabilmente nella riunione dell’Ufficio di presidenza di questa sera. L’ultima parola spetta, come sempre, al Cavaliere. Ma intanto, le cronache registrano una vera e propria guerra di posizione (con tanto di tregua) alla ricerca di nuovi rapporti di forza.
Il fuoco alle polveri sembra averlo dato lo stesso premier, quando ha puntato il dito contro “alcuni errori nel partito” e ha invocato l’impegno del Pdl, “soprattutto sul territorio”. Numerosi scontenti hanno allora colto la palla al balzo per lamentare ciò che non va. Sotto accusa soprattutto i triumviri che reggono il partito (Sandro Bondi, Denis Verdini, Ignazio La Russa), con l’auspicio di più d’uno (tra gli altri, Maria Stella Gelmini e Franco Frattini) di passare a un coordinatore unico (ipotesi per ora rinviata).
Ma è stata la diaspora verso Futuro e libertà (almeno 1500 tra responsabili e amministratori locali hanno già lasciato il Pdl per Fli) a far saltare ogni equilibrio. “Coloro che vengono da An sono rimasti storditi dall’uscita di Fini e tutto il mondo berlusconiano si sentiva messo un po’ da parte”, è l’efficace sintesi fatta a Repubblica dal ministro Gelmini. Che ha svelato un patto tra “azzurri” ed ex colonnelli aennini per siglare una tregua interna e "rasserenare il clima": “Quindici giorni fa, a casa di Gasparri, Frattini ed io siamo stati invitati per un cordialissimo pranzo. C’era ovviamente anche La Russa. Abbiamo tutti convenuto che ci sono le condizioni per fare un lavoro insieme. Nel rispetto delle differenze che restano”.
Ma la “tregua” non sembra aver retto molto. Le cronache politiche raccontano di una lite, qualche giorno fa, all’Hotel de Russie di Roma, tra Fabrizio Cicchitto e Ignazio La Russa. Al centro della discussione, tra le altre cose, la revisione delle quote (70-30) che “pesano” gli incarichi nel partito tra ex Fi (70) ed ex An (30). Ebbene, al culmine della discussione il ministro della Difesa avrebbe minacciato di dare vita a gruppi autonomi in Parlamento, seguendo l’esempio dato da Fini.
L’ipotesi è stata presto smentita da Gasparri, che già dai tempi di An procede in sintonia con La Russa. Ma si segnala un intero “correntone” deciso ad arginare lo strapotere dei due ex colonnelli: tra questi ci sarebbero sia gli ex aennini vicini ad Alemanno, sia gli azzurri di Liberamente. Ad ogni modo, quello che sta accadendo nel Lazio, dove un “patto del pesto” in casa Cicchitto ha sancito il rilancio dell’anima “azzurra” degli ex di Forza Italia per arginare la potenza del radicamento degli ex aennini sul territorio, testimonia che la dicotomia tra i partiti fondatori del Pdl va ancora per la maggiore.
Un congresso nazionale (che si sarebbe dovuto comunque tenere a un anno dalla fondazione) è invocato da più parti (non da Circoli e Club della libertà, che continuano a professare il verbo berlusconiano del partito leggero). Per il momento, intanto, si corre ai ripari con quello che è stato definito un “piano di democratizzazione”, per coinvolgere sul territorio i politici delusi dalla gestione verticistica del partito: i nuovi criteri di elezione dei coordinatori locali dovrebbero essere varati mercoledì 20 ottobre.
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Il distacco dei finiani di Futuro e libertà, con relativa erosione di elettori, ma anche di eletti e quadri dirigenti, sembra aver destabilizzato la creatura politica fondata da Berlusconi e Fini sull’onda del predellino. E’ già pronta, perciò, una ristrutturazione del partito, che sarà varata probabilmente nella riunione dell’Ufficio di presidenza di questa sera. L’ultima parola spetta, come sempre, al Cavaliere. Ma intanto, le cronache registrano una vera e propria guerra di posizione (con tanto di tregua) alla ricerca di nuovi rapporti di forza.
Il fuoco alle polveri sembra averlo dato lo stesso premier, quando ha puntato il dito contro “alcuni errori nel partito” e ha invocato l’impegno del Pdl, “soprattutto sul territorio”. Numerosi scontenti hanno allora colto la palla al balzo per lamentare ciò che non va. Sotto accusa soprattutto i triumviri che reggono il partito (Sandro Bondi, Denis Verdini, Ignazio La Russa), con l’auspicio di più d’uno (tra gli altri, Maria Stella Gelmini e Franco Frattini) di passare a un coordinatore unico (ipotesi per ora rinviata).
Ma è stata la diaspora verso Futuro e libertà (almeno 1500 tra responsabili e amministratori locali hanno già lasciato il Pdl per Fli) a far saltare ogni equilibrio. “Coloro che vengono da An sono rimasti storditi dall’uscita di Fini e tutto il mondo berlusconiano si sentiva messo un po’ da parte”, è l’efficace sintesi fatta a Repubblica dal ministro Gelmini. Che ha svelato un patto tra “azzurri” ed ex colonnelli aennini per siglare una tregua interna e "rasserenare il clima": “Quindici giorni fa, a casa di Gasparri, Frattini ed io siamo stati invitati per un cordialissimo pranzo. C’era ovviamente anche La Russa. Abbiamo tutti convenuto che ci sono le condizioni per fare un lavoro insieme. Nel rispetto delle differenze che restano”.
Ma la “tregua” non sembra aver retto molto. Le cronache politiche raccontano di una lite, qualche giorno fa, all’Hotel de Russie di Roma, tra Fabrizio Cicchitto e Ignazio La Russa. Al centro della discussione, tra le altre cose, la revisione delle quote (70-30) che “pesano” gli incarichi nel partito tra ex Fi (70) ed ex An (30). Ebbene, al culmine della discussione il ministro della Difesa avrebbe minacciato di dare vita a gruppi autonomi in Parlamento, seguendo l’esempio dato da Fini.
L’ipotesi è stata presto smentita da Gasparri, che già dai tempi di An procede in sintonia con La Russa. Ma si segnala un intero “correntone” deciso ad arginare lo strapotere dei due ex colonnelli: tra questi ci sarebbero sia gli ex aennini vicini ad Alemanno, sia gli azzurri di Liberamente. Ad ogni modo, quello che sta accadendo nel Lazio, dove un “patto del pesto” in casa Cicchitto ha sancito il rilancio dell’anima “azzurra” degli ex di Forza Italia per arginare la potenza del radicamento degli ex aennini sul territorio, testimonia che la dicotomia tra i partiti fondatori del Pdl va ancora per la maggiore.
Un congresso nazionale (che si sarebbe dovuto comunque tenere a un anno dalla fondazione) è invocato da più parti (non da Circoli e Club della libertà, che continuano a professare il verbo berlusconiano del partito leggero). Per il momento, intanto, si corre ai ripari con quello che è stato definito un “piano di democratizzazione”, per coinvolgere sul territorio i politici delusi dalla gestione verticistica del partito: i nuovi criteri di elezione dei coordinatori locali dovrebbero essere varati mercoledì 20 ottobre.
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