Il Guardasigilli: il governo non resterà fermo, la riforma della giustizia si farà anche senza il consenso dell'opposizione. Sul caso Cucchi dichiara che il governo vuole scoprire la verità. E su Blefari: occorre dissipare ogni ombra
Il governo non resterà fermo: la riforma della giustizia si farà anche senza il consenso dell'opposizione. Lo ha detto il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, intervistato a Mattino cinque da Maurizio Belpietro. "Non so se c'è la possibilità di una intesa con l'opposizione. Noi non la rifiutiamo ma anzi la ricerchiamo perché le riforme se sono votate da una maggioranza ampia sono destinate a durare in più nel tempo. Quindi ricercheremo una forma di consenso con l'opposizione", ha spiegato il Guardasigilli.
Tuttavia, ha precisato Alfano, "abbiamo anche un dovere etico che nasce dalla nuova fase democratica che consegna al governo uomini votati direttamente dal popolo: cioè l'obbligo di fare quello che abbiamo promesso in campagna elettorale. Quindi di fronte al bivio tra la paralisi perché l'opposizione non vuole la riforma e quanto proposto agli elettori noi sceglieremo non di restare fermi ma di procedere con le riforme. A fine legislatura infatti a chi ci chiederà 'avete fatto la riforma della giustizia?' noi non possiamo dire 'non l'abbiamo fatta ma abbiamo dialogato benissimo'...".
Il ministro interviene anche sul caso di Diana Blefari Melazzi, la noebrigatista suicida in carcere e precisa che la donna "era in carcere perché, in seguito della documentazione presentata dai suoi legali, chi era preposto a decidere ha ritenuto che non fosse incompatibile la detenzione in carcere con il suo stato psicofisico". E ha aggiunto: "Come tutti sanno non è il ministro che decide chi deve stare in carcere e chi non deve stare in carcere. E' una decisione assunta dalla magistrtura. Posso dire - ha proseguito - da responsabile del sistema carcerario" che nella cella dove si trovava la donna "le condizioni ambientali della detenzione non erano connotate da sofraffollamento o condizioni poco dignitose. Ma nessuna ombra deve restare su una vicenda così delicata - ha concluso Alfano- e quindi ho disposto un'inchiesta amministrativa raccomandando il massimo della celerità possibile".
Il Guardasigilli parla anche del caso Cucchi; afferma che il governo vuole scoprire la verità e parla di elementi nuovi che già "nelle prossime ore" potrebbero emergere dall'inchiesta giudiziaria aperta dalla procura di Roma in seguito alla morte del giovane 31enne dopo il suo arresto.
"Ho telefonato al procuratore della Repubblica per dargli pieno sostegno alle indagini - ha dichiarato Alfano - per raccomandargli solerzia e spero che nelle prossime ore si possa aggiungere qualche bagliore di verità, qualche elemento certo che ci metta nelle condizioni di scoprire cosa è accaduto".
"Di certo c'è una cosa - puntualizza il ministro - che il governo vuole scoprire la verità, sapere che è successo, chiarire che i nostri sono istituti di pena in una grande democrazia liberale dove non è ammeso nulla di quello che si sospetta in questa fase. Aspettiamo le indagini che mi auguro essere rapide per avere un punto di chiarezza. L'inchiesta giudiziaria è stata assolutamente celere e solerte, sono fiducioso in riscontri rapidi". Per quanto riguarda l'inchiesta amministrativa aperta dal Ministero, Alfano chiarisce che si tratta "di un percorso amministrativo e non può coinvolgere altri corpi dello Stato, per ragioni di competenza perché noi ci occupiamo di polizia penitenziaria".
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Tuttavia, ha precisato Alfano, "abbiamo anche un dovere etico che nasce dalla nuova fase democratica che consegna al governo uomini votati direttamente dal popolo: cioè l'obbligo di fare quello che abbiamo promesso in campagna elettorale. Quindi di fronte al bivio tra la paralisi perché l'opposizione non vuole la riforma e quanto proposto agli elettori noi sceglieremo non di restare fermi ma di procedere con le riforme. A fine legislatura infatti a chi ci chiederà 'avete fatto la riforma della giustizia?' noi non possiamo dire 'non l'abbiamo fatta ma abbiamo dialogato benissimo'...".
Il ministro interviene anche sul caso di Diana Blefari Melazzi, la noebrigatista suicida in carcere e precisa che la donna "era in carcere perché, in seguito della documentazione presentata dai suoi legali, chi era preposto a decidere ha ritenuto che non fosse incompatibile la detenzione in carcere con il suo stato psicofisico". E ha aggiunto: "Come tutti sanno non è il ministro che decide chi deve stare in carcere e chi non deve stare in carcere. E' una decisione assunta dalla magistrtura. Posso dire - ha proseguito - da responsabile del sistema carcerario" che nella cella dove si trovava la donna "le condizioni ambientali della detenzione non erano connotate da sofraffollamento o condizioni poco dignitose. Ma nessuna ombra deve restare su una vicenda così delicata - ha concluso Alfano- e quindi ho disposto un'inchiesta amministrativa raccomandando il massimo della celerità possibile".
Il Guardasigilli parla anche del caso Cucchi; afferma che il governo vuole scoprire la verità e parla di elementi nuovi che già "nelle prossime ore" potrebbero emergere dall'inchiesta giudiziaria aperta dalla procura di Roma in seguito alla morte del giovane 31enne dopo il suo arresto.
"Ho telefonato al procuratore della Repubblica per dargli pieno sostegno alle indagini - ha dichiarato Alfano - per raccomandargli solerzia e spero che nelle prossime ore si possa aggiungere qualche bagliore di verità, qualche elemento certo che ci metta nelle condizioni di scoprire cosa è accaduto".
"Di certo c'è una cosa - puntualizza il ministro - che il governo vuole scoprire la verità, sapere che è successo, chiarire che i nostri sono istituti di pena in una grande democrazia liberale dove non è ammeso nulla di quello che si sospetta in questa fase. Aspettiamo le indagini che mi auguro essere rapide per avere un punto di chiarezza. L'inchiesta giudiziaria è stata assolutamente celere e solerte, sono fiducioso in riscontri rapidi". Per quanto riguarda l'inchiesta amministrativa aperta dal Ministero, Alfano chiarisce che si tratta "di un percorso amministrativo e non può coinvolgere altri corpi dello Stato, per ragioni di competenza perché noi ci occupiamo di polizia penitenziaria".
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