Pedali contro la mafia, il 5 marzo a Palermo
SiciliaCentinaia di bikers di tutte le età lungo le strade di Palermo hanno fatto tappa nei luoghi delle stragi, per rendere omaggio alle vittime di Cosa Nostra e ringraziare le forze dell’ordine per l’arresto, lo scorso 16 gennaio, dell’ultimo boss latitante, Matteo Messina Denaro.
In bici per dire no alla mafia e ringraziare le forze dell’ordine per aver liberato la Sicilia dalla ingombrante presenza del ricercato n. 1 in Italia, il sanguinario boss di Castelvetrano, latitante per trent'anni, condannato a diversi ergastoli per le stragi del '92 a Palermo e Capaci, del ’93 a Roma, Milano e Firenze e per aver ordinato o eseguito una lunga serie di efferati omicidi tra cui quello che tutti ricordano, del piccolo Giuseppe Di Matteo, e altri meno noti come quello di Antonella Bonomo, incinta di tre mesi.
Centinaia di adesioni da tutta la Sicilia
Bikers riuniti in 80 associazioni della città e di varie zone della Sicilia ma anche tanti genitori con bambini di tutte le età hanno raggiunto i luoghi simbolo delle stragi di mafia e reso omaggio alle vittime indossando una maglia bianca. L’iniziativa è stata ideata dall’associazione Mondello Bikers con l’adesione di decine di altre associazioni e gruppi palermitani e siciliani.
Roberto Rufolo, presidente della Asd racconta che l'idea era nata insieme con il vicepresidente Domenico Calò, con il presidente dell’Asd Le Pantere della polizia, Luigi Attilio Guastella e con quello del gruppo Bears, formato da carabinieri e guidato da Pietro Ficco e che in breve tempo - sommersi dalle richieste di partecipazione - si è allargata a molti altri gruppi e appassionati.
Da via D'Amelio a Capaci
Prima tappa in via D'Amelio dove il 19 luglio del 1992 un'auto carica di tritolo uccise Paolo Borsellino con gli agenti di scorta Emanuela Loi , Claudio Traina, Walter Cosina, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli. Davanti all'ulivo diventato uno dei simboli della lotta alla mafia, carico di biglietti, lettere, messaggi i ciclisti hanno incontrato l'unico sopravvissuto, l'agente Antonino Vullo. "Dicono che sono stato fortunato, ma vivere questa esperienza non la considero proprio una fortuna. E' un miracolo che io sia qui, vivo, dice indicando il punto esatto in cui la 126 saltò in aria all'arrivo del giudice e delle auto di scorta, una delle due guidata da lui stesso.
"Mai smettere di chiedere la verità su cosa è successo" aggiunge Vullo" altrimenti la mafia l'avrà sempre vinta. E manifestazioni come questa sono importanti, per tenere alta l'attenzione e sensibilizzare quegli esponenti dello Stato che ancora tanti misteri conoscono e non svelano". Presente in Via D'Amelio anche Vincenzo Agostino padre del poliziotto Nino Agostino, ucciso con la moglie Ida Castelluccio in circostanze mai del tutto chiarite. "Mantenere viva la memoria è fondamentale. E ognuno di noi può e deve fare qualcosa".
I bikers più esperti hanno raggiunto poi Capaci per un momento di commemorazione nel Giardino della Memoria laddove il 23 maggio del 1992 l’autostrada saltò in aria al passaggio del giudice Giovanni Falcone, uccidendolo con la moglie Francesca Morvillo e gli agenti Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Dicillo e poi fino al luogo in cui fu azionato il telecomando che determinò l'esplosione. Luoghi in cui murales e scritte ricordano l'impegno e la posizione della popolazione siciliana contro la criminalità organizzata.