Gli investigatori hanno requisito una bottega nel centro di Paternò, numerosi terreni nella zona e vari rapporti finanziari
Beni per circa 300 mila euro riconducibili a Salvatore Assinnata, 49 anni, ritenuto dagli investigatori inserito nel 'gruppo di Paternò' della famiglia di Cosa Nostra etnea 'Santapaola-Ercolano', ed ai suoi familiari sono stati sequestrati dai carabinieri, che hanno eseguito un decreto emesso dal Tribunale di Catania su richiesta della Procura della repubblica etnea. Oggetto del sequestro sono una bottega nel centro di Paternò, numerosi terreni nella zona e vari rapporti finanziari.
Il sequestro
Arrestato nel marzo 2013 per estorsione aggravata, Assinnata è tornato in libertà il 10 giugno scorso dopo aver scontato nove anni in carcere per varie condanne (associazione di tipo mafioso ed estorsione aggravata per aver agevolato l'attività mafiosa). Il provvedimento è stato notificato dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Catania e mira a colpire un patrimonio che, sulla base degli accertamenti, stante la sproporzione tra il valore dei beni e la capacità reddituale e l'assenza della necessaria copertura economica/finanziaria, sarebbe stato acquisito con proventi derivanti da attività illecite. A confermare agli investigatori il ruolo di spicco di Assinnata e il fatto che abbia continuato ad appartenere al clan mafioso di Paternò il fatto che l'uomo abbia continuato ad impartire ordini e direttive ed a muovere contestazioni al suo primogenito dal carcere di Asti, dov'era detenuto. Particolarmente significativo fu il biasimo da parte sua al comportamento del figlio nel 2015, in occasione della festa della Santa Patrona di Paternò, quando davanti all'abitazione della famiglia era stato fatto fare un doppio inchino alla statua di Santa Barbara sulle note de 'Il Padrino'.