Palermo, spacciavano droga davanti a una scuola: 12 arresti

Sicilia
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Sei sono finite in carcere e sei ai domiciliari accusate, in concorso tra loro, di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti

La base di spaccio era una villetta davanti all'istituto comprensivo Michelangelo Buonarroti nel quartiere Passo di Rigano di Palermo. Era lì che i clienti sapevano di trovare a qualsiasi ora del giorno e della notte un gruppo di pusher sempre riforniti di crack, cocaina, hashish e marijuana. I carabinieri da 2018 al 2020 hanno tenuto sotto controllo la zona, alla periferia della città, diventata una centrale di spaccio.

L'inchiesta

L'inchiesta ha portato all'esecuzione di un'ordinanza cautelare nei confronti di 12 persone. Sei sono finite in carcere e sei ai domiciliari accusate, in concorso tra loro, di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti. Per tutti è scattata l'aggravante dell'avere spacciato davanti a una scuola. Le indagini hanno consentito di scoprire, come riportato nell'ordinanza cautelare, i tanti acquirenti che arrivavano anche da altre province per rifornirsi dello stupefacente. La vendita di droga sarebbe stata la principale fonte di sostentamento per le famiglie degli indagati. Gli stupefacenti venivano nascosti nei palazzi e nelle vie strette del quartiere sempre controllato da vedette. La lavorazione e la preparazione del crack avveniva nelle abitazioni degli arrestati. 

Gli accertamenti

Secondo quanto accertato dai militari, il valore dell'attività di spaccio era di 500mila euro l'anno utilizzati anche per pagare le spese legali dei quanti finivano nella rete dei carabinieri. I componenti dell'organizzazione avrebbero utilizzato anche la violenza per imporre il predominio nella zona. Un acquirente sarebbe stato pestato in pieno giorno insieme al padre intervenuto per proteggerlo perché la banda temeva che avesse collaborato con i carabinieri per fare arrestare un pusher. Inoltre, i componenti dell'organizzazione non temevano la presenza dei militari. Uno degli indagati si sarebbe avvicinato a un militare e gli avrebbe rivolto velate minacce invitandolo ad allentare i controlli. 

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