I ritrovamenti sono stati effettuati a partire da 20 miglia dalla costa e fino ad arrivare a 100 miglia di distanza, a una profondità che va da 33 a 140 metri. Al via il progetto per il turismo subacqueo e il recupero delle reti dei pescatori impigliate
Sono una quarantina i relitti identificati a partire da 20 miglia dalla costa di Lampedusa (in provincia di Agrigento) e fino ad arrivare a 100 miglia di distanza, a una profondità che va da 33 a 140 metri, fino a dove riescono a scendere i sub. I reperti, tutti affondati durante le grandi battaglie di convogli navali (la cosiddetta “Battaglia del Mediterraneo”) della Seconda guerra mondiale, per la maggior parte sono di tipo mercantile e pieni di rifornimenti bellici: cannoni e bombe, ma anche di veicoli d'epoca come camion, cingolati, carro armati per un valore di centinaia di migliaia di euro sul mercato del collezionismo. Un progetto attorno ai relitti mira al turismo subacqueo e al recupero delle reti dei pescatori che si impigliano nei reperti.
Il progetto
"Da 15 anni il focus iniziale era trovare i relitti”, spiega al Pelagos 2.0 diving di Lampedusa il ricercatore sottomarino Mario Arena di Trieste, ma con origini messinesi. “Abbiamo intrapreso con la Sovrintendenza del mare della Sicilia, c'era l'archeologo Sebastiano Tusa, questo progetto. Per trovare le navi inabissate utilizziamo le informazioni dei pescatori: conoscono i punti in cui si trovano i relitti che costituiscono un eccellente habitat per i pesci di grossa taglia, fungendo anche da barriera corallina. Su questi relitti si impigliano però le reti dei pescatori siciliani e tunisini, responsabili della morte della vita marina. Da quest'anno, collaborando con due organizzazioni internazionali, Ghost diving's e society for the documentation of submerged sites (Sdss) - evidenzia Arena - abbiamo iniziato a rimuoverle".
Ricercatore sottomarino: “Relitti memoria storica, ma hanno impatto ambientale”
Il progetto, che si raffronta con il dirigente Claudio Di Franco dell'ufficio Relitti d'età contemporanea della Sovrintendenza del mare, e che ha il supporto della Sovrintendenza di Agrigento, punta su tre direttrici: storica, ambientale e turistica. "I relitti – spiega Arena - raccontano eventi molto spesso sconosciuti. Sono una memoria storica. Hanno però un impatto ambientale, trasportavano migliaia di tonnellate di esplosivi che rilasciano agenti chimici. Abbiamo iniziato a collaborare con una università tedesca, noi prendiamo i campioni e loro analizzano. È stata rilevata la presenza di piombo e idrocarburi e bisognerà capire che impatto possono, ad esempio, avere sul pesce. Sono navi affondate a pieno carico. Ci sono migliaia di tonnellate di esplosivi, oli e carburanti".
Il turismo subacqueo
Ma queste navi hanno anche un forte potenziale come attrattori turistici, sono beni culturali sommersi. C'è già un turismo subacqueo importante a Malta o in Croazia con nuclei di appassionati subacquei attratti proprio dai relitti. Arena prosegue: "I relitti individuati nel canale di Sicilia sono spettacolari. I diving dovranno attrezzarsi per sfruttare la potenzialità. Non sarà come fare le immersioni sotto costa, bisogna attrezzarsi andare a 50, 100, 150 chilometri, quindi c'è bisogno di imbarcazioni adeguate".
La rimozione delle reti
Nel mentre, le reti dei pescatori sono state tirate via quest'anno dal sottomarino della Francia Libera che si trova a 40 miglia dalla costa di Lampedusa e sul quale è stata apposta una targa commemorativa perché è la tomba di 50 ragazzi. "Fu il primo a rispondere all'appello, del giugno 1940, del generale Charles de Gaulle. Andò a Malta ed ha costituito il primo embrione di Francia libera, cominciando a fare la guerra contro gli italiani - racconta il ricercatore sottomarino Mario Arena -. Dopo 3 mesi ha urtato una mina ed è affondato". Le reti sono state raccolte anche dal piroscafo postale Egadi che si trova a 20 miglia dalla costa di Lampedusa.
I finanziamenti per l’operazione
"I finanziamenti che abbiamo a disposizione, grazie ai quali vengono rimosse le reti sui relitti, sono esclusivamente privati: banche, aziende di tutta Europa”, spiega Pascal Van Erp fondatore di Ghost diving's: “Non abbiamo fondi pubblici". Le reti, una volta rimosse, vengono gestite da Healthy Seas che assicura che diventino una nuova risorsa, a sostegno dell'economia circolare.