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Rosario Livatino, beatificato il giudice ucciso dalla Stidda

Sicilia

La cerimonia si è tenuta presso la Cattedrale di Agrigento. A presiedere la solenne concelebrazione il cardinale Marcello Semeraro, Prefetto della congregazione delle cause dei Santi. “Il suo esempio sia per tutti, specialmente per i magistrati, stimolo a essere leali difensori della legalità e della libertà", ha detto Papa Francesco

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È stato beatificato oggi il  giudice Rosario Livatino (CHI ERA), ucciso dai mafiosi della Stidda il 21 settembre 1990. La cerimonia si è svolta presso la Cattedrale di Agrigento, a presiedere la solenne celebrazione il cardinale Marcello Semeraro, Prefetto della congregazione delle cause dei Santi (VIDEO). Poco più di duecento le persone ammesse nella Cattedrale mentre la "chiesa universale" di Rosario Livatino fatta da fedeli e concittadini è rimasta fuori dal luogo di culto. Presenti autorità civili e militari: tra gli altri, il presidente della corte d'appello di Palermo, Matteo Frasca, il procuratore generale di Caltanissetta, Lia Sava, il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, e il cardinale di Agrigento, Francesco Montenegro.

La beatificazione di Livatino

"Accogliendo il desiderio del cardinale Montenegro, concediamo che il venerabile servo di dio Angelo Rosario Livatino d'ora in poi sia chiamato beato e che, ogni anno, si possa celebrare la sua festa il 29 ottobre", con queste parole che il giudice Livatino è stato proclamato beato. In contemporanea il reliquario dove è contenuta la camicia indossata dal beato il giorno in cui venne ucciso dalla mafia è stato collocato in una teca della cattedrale. Si tratta di un reliquiario realizzato in argento martellato e cesellato.

Papa Francesco: “Il suo esempio sia stimolo a difendere la legalità”

"Oggi è stato beatificato Rosario Angelo Livatino, martire della giustizia e della fede nel suo servizio alla collettività come giudice integerrimo che non si è lasciato mai corrompere. Si è sforzato di giudicare non per condannare ma per redimere. Il suo lavoro lo poneva sempre sotto la tutela di Dio, per questo è diventato testimone del Vangelo, fino alla morte eroica. Il suo esempio sia per tutti, specialmente per i magistrati, stimolo a essere leali difensori della legalità e della libertà", ha detto Papa Francesco al Regina Caeli.

©Ansa

Nasce in Vaticano gruppo su 'scomunica mafie'

Per onorare Livatino il Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale costituirà un Gruppo di lavoro sulla 'scomunica alle mafie', con l'obiettivo di approfondire il tema e collaborare con i vescovi del mondo sulla questione. È quanto si apprende da fonti vaticane. Del gruppo faranno parte l'arcivescovo di Monreale, Michele Pennisi, il presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, Giuseppe Pignatone, il presidente dell'associazione Libera don Luigi Ciotti, Rosy Bindi, ex presidente Antimafia, e Vittorio Alberti.

Cardinali e vescovi visitano la cappella del Beato

Il Cardinale Semeraro si è recato nel pomeriggio a Canicattì a far visita alla cappella del Beato Rosario Livatino dove riposa assieme ai genitori e ai nonni paterni e materni. Sua Eminenza era accompagnato dagli episcopi di Agrigento e da alcuni curiali assieme al sindaco di Canicattì, Ettore Di Ventura. Il presule in rappresentanza di Papa Francesco, che ha autorizzato la beatificazione del giudice Livatino, dopo un momento di preghiera all'interno della "Cappella Livatino Corbo" ha fatto visita alla tomba del presidente Antonino e Stefano Saetta nello stesso cimitero.

Il cardinale Semeraro: “La sua vita incentrata sulla credibilità”

"Nell'amore di Cristo Livatino si è collocato, 'come un bimbo svezzato in braccio a sua madre'”, ha detto il cardinale Marcello Semeraro durante l'omelia. "C'è una parola di Rosario Livatino su cui stamane vorrei riflettere, davanti a voi; una parola che mi pare possa aiutarci a comprendere non soltanto la sua vita, ma pure la sua santità e il suo martirio. La traggo dalla sua conferenza del 7 aprile 1984 su 'Il ruolo del giudice nella società che cambia', dove si legge: 'l'indipendenza del giudice è nella sua credibilità, che riesce a conquistare nel travaglio delle sue decisioni ed in ogni momento della sua attività'. Troviamo qui la parola credibilità, che san Tommaso d'Aquino applica direttamente a Gesù, il quale è credibile perché non soltanto predicava, ma pure agiva in maniera coerente sicché quella del Signore era non una vita sdoppiata, ma sempre trasparente, limpida e, perciò, anche affidabile e amabile", aggiunge. "La credibilità è la condizione posta da Gesù per essere suoi amici - ha proseguito il cardinale - È questa la credibilità che san Pietro riconosce come virtù gradita a Dio, il quale, come abbiamo ascoltato, accoglie chi lo teme e pratica la giustizia". "Considerando la vicenda di Rosario Livatino ci tornano vivide alla memoria le parole di san Paolo VI: 'L'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni. Il nostro Beato lo fu nel martirio. La sua vita, avrebbe detto il Manzoni, fu il paragone delle sue parole", ha proseguito Semeraro. "Credibilità fu per lui la coerenza piena e invincibile tra fede cristiana e vita. Livatino rivendicò, infatti, l'unità fondamentale della persona; una unità che vale e si fa valere in ogni sfera della vita: personale e sociale. Questa unità Livatino la visse in quanto cristiano, al punto da convincere i suoi avversari che l'unica possibilità che avevano per uccidere il giudice era quella di uccidere il cristiano. Per questo la Chiesa oggi lo onora come Martire".

Il cardinale Montenegro: “La Sicilia impari dalla sua lezione”

"Nonostante le difficoltà legate alla pandemia consideriamo questo giorno come un regalo prezioso della divina provvidenza che rende ancora più bello il volto della chiesa agrigentina. Sono passati quasi trent'anni dallo storico grido di San Giovanni Paolo II nella valle dei Templi, quando, dopo aver incontrato i genitori del giudice Livatino e a conclusione della solenne celebrazione eucaristica, invitò in modo accorato i mafiosi a convertirsi", ha invece detto il cardinale di Agrigento, Francesco Montenegro. "Da allora la nostra chiesa ha sentito il bisogno di conoscere meglio la figura del giovane giudice. Le testimonianze raccolte e la ricostruzione della vita del beato Livatino ci hanno spinto ad aprire la fase diocesana del processo di beatificazione - ha spiegato – Alla sua conclusione, la documentazione è stata consegnata alla Congregazione dei Santi per i passaggi previsti e ha avuto la conferma nella scelta di Papa Francesco di dichiararlo martire. Si tratta del primo giudice che viene riconosciuto martire a motivo della fede professata e testimoniata fino all'effusione del sangue". "Quanto abbiamo vissuto ci responsabilizza a testimoniare con coraggio il Vangelo con una vita di fede semplice e credibile come quella del giudice Livatino. Speriamo che questa nostra terra di Sicilia, che purtroppo ancora soffre a motivo della mentalità mafiosa, faccia tesoro di questa lezione", ha proseguito. "Il pensiero e la preghiera, in questo momento, non possono non andare ai tanti magistrati, uomini delle forze dell'ordine, politici e a quanti altri sono state vittime della violenza dei malavitosi", ha concluso il cardinale Montenegro.

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©Ansa

Il ricordo di Livatino

"Ci accomunavano la fede e la formazione. Eravamo cresciuti nell'entusiasmo del Concilio Vaticano II e del principio della fede operosa. Ci capimmo, si creò una grande affinità e io posso testimoniare il suo grande impegno culturale", ha detto prima della cerimonia l'ex presidente del tribunale di Agrigento Luigi D'Angelo, ex collega di Livatino. "Era riservatissimo, mai rilasciato un'intervista. Scrisse un libricino che ora sarebbe fondamentale come codice etico della magistratura", ha aggiunto D'Angelo. "Da una fattura falsa - ha ricordato - arrivò a provare il rapporto tra mafia, imprenditoria e politica e intuì l'importanza del lavoro in pool"

Grasso: “La magistratura ha bisogno di modelli simili”

"La sua figura è importante perché abbiamo bisogno di modelli come lui che testimonino la grande dedizione di tanti magistrati in un momento in cui la magistratura non gode della fiducia dei cittadini. rappresenta i tanti magistrati che fanno in fondo il loro dovere", ha invece affermato il senatore di Leu ed ex procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso.

Musumeci: “Ha coniugato giustizia e fede”

"Rosario Livatino è stato un modello di giustizia coniugata al dono della fede. Ha saputo conciliare la parola del Cristo e il dovere di obbedire alle leggi del diritto e la mafia per questo lo ha ucciso, perché era simbolo e testimonianza", ha affermato il presidente della Regione, Nello Musumeci.