Castelvetrano, confiscati beni a imprenditori legati a Messina Denaro

Sicilia

Destinatari del provvedimento sono stati padre e figlio, molto noti nella cittadina. La confisca, disposta dalla Sezione Penale e Misure di Prevenzione del Tribunale di Trapani, ha riguardato l'intero patrimonio riconducibile a loro, tra cui tre imprese, numerosi appartamenti, terreni, automezzi, un'imbarcazione da diporto, conti correnti bancari e disponibilità finanziarie

La Dia ha confiscato beni per 4,5 milioni di euro a due imprenditori, padre e figlio, originari di Castelvetrano, attivi nel settore del movimento terra e dell'edilizia, ritenuti vicini alla cosca di Matteo Messina Denaro. Entrambi sono molto noti nella cittadina per il loro impegno in politica, in particolare il figlio, che ha ricoperto la carica di assessore e di consigliere comunale di Castelvetrano. La confisca, disposta dalla Sezione Penale e Misure di Prevenzione del Tribunale di Trapani, ha riguardato l'intero patrimonio riconducibile a loro: il capitale sociale e il patrimonio aziendale di tre imprese, numerosi appartamenti, terreni, automezzi, un'imbarcazione da diporto, conti correnti bancari e disponibilità finanziarie. Nei loro confronti è stata applicata anche la misura della sorveglianza speciale per tre anni e sei mesi per il padre, e di due anni e sei mesi per il figlio, entrambi con obbligo di soggiorno nel comune di residenza.

Le indagini

La figura dei due imprenditori, che erano già stati destinatari nel 2017 dal sequestro anticipato del patrimonio societario, immobiliare e mobiliare, spiegano gli inquirenti, era emersa nell'ambito dell'operazione 'Eva' condotta dalla Dia che, secondo l'accusa, aveva evidenziato, tra l'altro, l'esistenza di legami con ambienti mafiosi trapanesi e agrigentini per l'aggiudicazione di importanti appalti di opere pubbliche e private quali le condotte idriche per la distribuzione irrigua delle acque invasate nella diga Delia, il metanodotto tra Menfi e Mazara del Vallo e l'acquedotto Montescuro Ovest. Il padre, in particolare, sostiene la Dia, avrebbe beneficiato dell'appoggio del sodalizio capeggiato da Matteo Messina Denaro Il figlio avrebbe poi seguito le sue orme, divenendo amministratore delle aziende di famiglia quando quest'ultimo temeva di poter essere raggiunto da provvedimenti giudiziari. Il provvedimento, emanato in accoglimento di proposta formulata dal Direttore della Dia, scaturisce dalle risultanze investigative della dipendente Sezione di Trapani che hanno permesso da un lato di dimostrare la pericolosità sociale dei proposti e dall'altro di rilevare la palese sperequazione tra i redditi dichiarati e le loro effettive disponibilità.

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