Uno dei giovani sarebbe stato pestato con un bastone, legato con del nastro adesivo e abbandonato per strada fino a quando una donna di passaggio non è intervenuta
Tre persone sono state fermate dai carabinieri la notte scorsa a Licata, in provincia di Agrigento, con l'accusa di tortura, sequestro di persona e violazione di domicilio. I tre avrebbero picchiato altri tre giovani disabili, già umiliati in altre occasioni. Una delle vittime sarebbe stata pestata con un bastone, legata con del nastro adesivo e abbandonata per strada fino a quando una donna di passaggio non l'ha liberata. I fermi di indiziato di delitto sono stati firmati dal procuratore Luigi Patronaggio e dal pm Gianluca Caputo a carico di A. C., 26 anni, G. S., 23 anni, e A. M. S., 36 anni. Entro 48 ore i pm chiederanno la convalida del fermo per i tre indagati e sarà fissata l'udienza davanti al gip.
I precedenti
A quanto emerso in precedenza le tre vittime erano state prese di mira ripetutamente e derise sui social. Erano state legate a una sedia con un secchio in testa e prese a calci e pugni, minacciate di morte, bloccate con del nastro adesivo e fatte ruzzolare in mezzo alla strada, imbrattate con della vernice sul viso. Le violenze venivano poi sempre filmate con gli smartphone e diffuse sui social con titoli di derisione.
Secondo i pm non si può escludere che la banda si sia resa protagonista di altri episodi oltre a quelli finiti al centro dell'inchiesta e gli accertamenti sono ancora in corso.
Il commento del comandante provinciale dei carabinieri
"Per strada passavano decine e decine di persone, ma nessuno s'è fermato a prestare aiuto alle vittime, portatori di handicap o incapaci di intendere e di volere - ha evidenziato il comandante provinciale dell'Arma, il colonnello Vittorio Stingo -. Non c'è stata nessuna collaborazione e questa indifferenza collettiva per la sofferenza altrui ci ha colpito. Il branco era costituito da giovani, sposati e padri di figli, che riprendevano le loro violenze con i cellulari per poi diffondere i video sui social - ha spiegato - per schernire questi soggetti deboli. Social che da mezzi di comunicazione diventano strumento di diffusione di violenza".
"Ci siamo ritrovati davanti alla 'banalità del male' perché gli indagati ridevano della sofferenza di queste persone che hanno una difesa molto più bassa trattandosi di invalidi civili e di gente che ha problemi fisici o psichici - ha detto il comandante della compagnia di Licata, il capitano Francesco Lucarelli -. E' emersa anche la cultura, come direbbe Papa Francesco, dello 'scarto'. Le vittime sono state considerate alla stregua di oggetto inutile con il quale potersi dilettare".