Il provvedimento scaturisce dall'esito delle indagini sull'esplosione avvenuta a Barcellona Pozzo di Gotto il 20 novembre 2019, all'interno dello stabilimento industriale per lo stoccaggio e la lavorazione di fuochi pirotecnici, che provocò la morte di cinque persone e il ferimento di altre due
A Barcellona Pozzo di Gotto, nel Messinese, i carabinieri hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari, emessa dal Gip nei confronti di V.C., 73 anni, C.B., 65, e del figlio A.B., 38, accusati, a vario titolo, di disastro colposo, omicidio colposo plurimo, lesioni personali, violazioni concernenti le norme di prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro e mancata consegna dei dispositivi di protezione individuale. (LE FOTO)
Il provvedimento
Il provvedimento scaturisce dall'esito delle indagini sull'esplosione avvenuta a Barcellona Pozzo di Gotto il 20 novembre 2019, all'interno dello stabilimento industriale per lo stoccaggio e la lavorazione di fuochi pirotecnici, che provocò la morte di cinque persone e il ferimento di altre due. Dentro lo stabilimento erano in corso lavori di adeguamento della struttura prescritti dalla commissione tecnica territoriale, finalizzati ad elevare gli standard di sicurezza.
Le vittime
Le esplosioni in sequenza provocarono la morte di Giovanni Testaverde, Mohamed Mannai Tahar, Fortunato Porcino e Vito Mazzeo, operai della ditta che stava eseguendo i lavori, e di Venera Mazzeo, moglie di V.C., oltre al ferimento di A.B.. I numerosi reperti sequestrati nel corso delle indagini si sono rivelati fondamentali per la ricostruzione della dinamica dei fatti, effettuata anche grazie alle analisi di laboratorio eseguite dai carabinieri della Sezione "Chimica, Esplosivi ed Infiammabili" del Ris di Messina.
Gli accertamenti
Gli accertamenti hanno permesso di ricostruire che l'esplosione ha avuto come punto di origine il fabbricato al cui interno stavano lavorando sia con l'elettrosaldatrice che con la smerigliatrice, entrambi utensili capaci di produrre scintille, i lavoratori della ditta Bottega del Ferro. L'esecuzione di questi lavori, in presenza di materiale esplodente sensibile all'innesco, causò l'esplosione a catena che si propagò agli altri capannoni. La conferma è arrivata dal sequestro dello smartphone di A.B. nella cui memoria è stata rinvenuta una fotografia, scattata pochi istanti prima della tragedia, che riprendeva uno degli operai della ditta mentre stringe tra le mani una saldatrice con cui lavorava alla sbarra di scorrimento delle grate.