L’operazione “Malebranche” della guardia di finanza è stata eseguita nei confronti dei responsabili di un gruppo imprenditoriale, accusati anche di vari reati tributari, associazione per delinquere, riciclaggio e autoriciclaggio
La guardia di finanza di Agrigento ha eseguito 13 misure cautelari (10 arresti domiciliari e 3 obblighi di dimora), disposte dal gip Luisa Turco su richiesta del procuratore capo Luigi Patronaggio e dei sostituti Alessandra Russo e Paola Vetro, nei confronti dei responsabili del gruppo imprenditoriale agrigentino "Pelonero".
Gli arresti
Il principale indagato, il cosiddetto "promotore dell'associazione", è G. S., ex presidente della squadra di calcio Akragas. Insieme a lui sono finiti ai domiciliari, fra gli altri, anche il padre G. S., la moglie M. T. C., i figli F. S. e G. S., il fratello D. S. con la moglie G. L. e i figli G. e C.. Arresti domiciliari pure per una commercialista, G. F., con studio ad Agrigento ritenuta "mente finanziaria" dell'associazione. "È stata lei - ha spiegato il colonnello Rocco Lopane, comandante provinciale della Guardia di Finanza - a trovare le soluzioni tecniche per svuotare le aziende e fare sparire milioni di euro".
Operazione “Malebranche”
L'operazione, denominata "Malebranche", vede 22 persone indagate per reati che vanno dalla associazione per delinquere, alla bancarotta fraudolenta, al riciclaggio e all'autoriciclaggio nonché a varie ipotesi di reati tributari. Le società coinvolte nelle indagini sono 12 e fanno capo al gruppo “Pelonero”: negozi al minuto e all'ingrosso per la vendita di casalinghi, giocattoli, calzature. Nel corso dell'operazione sono stati sequestrati beni immobili, mobili registrati, conti correnti e altri rapporti finanziari.
L’inchiesta
Fra il 2013 e 2016 gli indagati avrebbero causato un danno erariale di oltre 5 milioni di euro, mentre l'attivo sottratto ai creditori ammonterebbe a più di 4 milioni e mezzo di euro. L'inchiesta sul gruppo imprenditoriale Pelonero è nata nel 2015 dopo un'intimidazione ad un curatore fallimentare di una società che faceva capo al gruppo. Gli inquirenti hanno disposto accertamenti bancari sull'impresa fallita e hanno scoperto operazioni che la collegavano ad altre società della catena. L'indagine della Guardia di finanza ha riguardato 7 società fallite e 5 tutt'ora in attività, tutte riconducibili agli imprenditori e al gruppo Pelonero, imprese del settore casalinghi, pulizia della casa e della persona, cosmetica, e giocattoli. Il meccanismo criminale, per gli investigatori, era semplice: le aziende venivano svuotate in prossimità del fallimento.
Il pm di Agrigento: "Danno all'Erario e ai creditori"
"Così facendo è stato creato un danno all'Erario, ma anche ai creditori. E' stato contestato anche l'auto-riciclaggio - ha spiegato il procuratore capo di Agrigento, Luigi Patronaggio - perché è stata elusa la possibilità di tracciare i flussi di denaro". "Dodici società erano in mano alla stessa famiglia: con la regia di una commercialista venivano progressivamente svuotate dei beni che transitavano da un'impresa all'altra. Creditori, fornitori ed erario in questo modo restavano senza un centesimo. Poi si ripartiva con un'altra azienda intestata a familiari, prestanome e così via", ha spiegato Patronaggio.
Sequestrata una pistola clandestina
La Guardia di finanza, durante le operazioni di perquisizioni e sequestro, ha trovato una pistola clandestina completa di caricatore con 6 cartucce. Un'arma pronta a fare fuoco che era stata lasciata in un cassetto dell'ufficio di un esercizio commerciale di contrada San Giusippuzzo ad Agrigento. E' in fase di individuazione - secondo quanto si apprende - la persona alla quale ricondurre la pistola non dichiarata.
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